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Sedotto e abbandonato, politicamente, Mazzillo ha un lontano passato nel Pd a Ostia, ma una militanza sincera nel Movimento 5 Stelle e al fianco di Virginia Raggi, la donna che l'ha scaricato con un post su Facebook. Sono le 14 quando la notizia della sua defenestrazione per far posto all'uomo con la t-shirt di Livorno, Gianni Lemmetti, prende forza sulle agenzie di stampa. Lui, cortese, risponde al telefono: «Posso dire solo questo: sto andando in Campidoglio per avere chiarimenti, per capire, anche ieri sera ero con Virginia per lavorare sulla pratica dell'Atac e, sono sincero, non mi ha detto nulla, forse sarebbe stato giusto avvertire prima di me che le agenzie di stampa».
Per capire quanto siano dolorose queste ore per il quarantatreenne Andrea Mazzillo bisogna ripercorrere gli ultimi quindici mesi: da subito viene considerato un fedelissimo della Raggi, tanto da svolgere prima il ruolo di mandatario della campagna elettorale, poi di capo staff. Il primo settembre Marcello Minenna, tra i primi a capire che dalla nave di Virginia Raggi bisognava scendere per evitare la farsa, si dimise da assessore al Bilancio. Per settimane la sindaca cercò inutilmente un successore. Parlò praticamente con tutti i giudici della corte dei conti, in carica o in pensione, ricevette una marea di no, solo De Dominicis accettò. La Raggi lo nominò, per poi cambiare idea. Di fronte al rischio di una figuraccia cosmica alla fine la sindaca chiese al suo uomo più fidato, Andrea Mazzillo appunto, di occupare quel posto. Lo sventurato rispose. Il 30 settembre Virginia Raggi parla di lui come una sorta di nuovo messia per i conti claudicanti di Roma. Scrive la Raggi, appena undici mesi fa, annunciando la nomina ad assessore al Bilancio: «Andrea Mazzillo è un nostro attivista, uno di noi che si è speso per i programmi del M5S insieme ai cittadini ma, soprattutto, è un esperto di finanza locale e di bilanci». Wow, la sindaca aveva trovato l'uomo giusto, già dimenticato Minenna, già scordato De Dominicis.
E invece ecco che dopo nemmeno un anno la Raggi si stufa pure di Mazzillo, che ha avuto il torto di coltivare idee differenti da quelle indicate da Milano sull'Atac e di ritenere poco efficace l'imposizione da parte della Casaleggio di molti nomi in giunta e nelle aziende che non comprendono Roma. Mazzillo ce l'ha soprattutto con Massimo Colomban, ma per tutta risposta la Raggi nomina proprio un fedelissimo dell'assessore alle Partecipate, un altro veneto, Paolo Simioni, alla guida dell'Atac. Mazzillo non si scompone, in altre interviste si fa più accomodante, spiega che sta preparando il bilancio consolidato e che farà un buon lavoro d'intesa con la Raggi. Ci crede ancora. «In queste ore invece è successo qualcosa che non mi aspettavo, ho dovuto leggere prima sulle agenzie di stampa e poi su Facebook che la sindaca mi ha cacciato. Non si trattano le persone in questo modo». Mazzillo è amareggiato, addolorato, anche lui, malgrado tutto, finisce nella lunghissima lista di assessori, dirigenti e collaboratori che la Raggi ha divorato da quando è in Campidoglio.
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