Roma, il nuovo codice "anti illeciti" dei comunali: «Denunciate i vostri colleghi»

Roma, il nuovo codice "anti illeciti" dei comunali: «Denunciate i vostri colleghi»
di Giuseppe Gioffreda e Fabio Rossi
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Domenica 6 Novembre 2016, 09:33 - Ultimo aggiornamento: 7 Novembre, 22:21

Obbligo di denunciare «situazioni di rischio o illecito» che riguardino colleghi di lavoro, pena la «risoluzione del rapporto di lavoro». Ma anche di comunicare «in forma scritta» ai diretti superiori qualsiasi procedimento penale a proprio carico, anche se si è semplicemente indagati, con rotazione obbligatoria per i dipendenti e revoca per i dirigenti. Sono misure molto più severe quelle previste nella proposta di modifica al codice di comportamento dei dipendenti di Roma Capitale, presentata nei giorni scorsi dal dipartimento Personale di Palazzo Senatorio, attualmente guidato da Raffaele Marra, e adesso attesa dalla consultazione pubblica promossa da Mariarosa Turchi, responsabile capitolina della prevenzione della corruzione.

LE NOVITÀ
Nella stesura del nuovo piano si sottolinea che «gli obblighi di condotta previsti nel presente codice devono intendersi estesi a tutti i collaboratori o consulenti dell'amministrazione, a qualsiasi titolo e con qualsiasi contratto o incarico, nonché ai collaboratori a qualsiasi titolo di imprese fornitrici di beni, servizi o lavori in favore dell'amministrazione». Insomma, anche chi esegue lavori o vende beni al Campidoglio dovrà seguire alla lettera queste disposizioni, che saranno inserite «negli atti di incarico, collaborazione, consulenza o affidamento, nei quali Roma Capitale inserisce apposite clausole di risoluzione del rapporto di lavoro o decadenza dall'incarico in caso di violazione degli obblighi» previsti nel codice.

LA DELAZIONE
Nel piano vengono rafforzati anche gli obblighi di denuncia: «I dipendenti, fermo restando l'obbligo di denuncia all'autorità giudiziaria - si legge nella proposta di modifica - hanno il dovere di segnalare tempestivamente eventuali situazioni di rischio o di illecito di cui siano venuti a conoscenza, ovvero di violazione del codice di comportamento, al proprio superiore gerarchico, per le conseguenti opportune iniziative». Insomma, un obbligo generalizzato di delazione negli uffici capitolini, in cui comunque «l'identità del segnalante non può essere rivelata senza il suo consenso» a meno che «la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell'incolpato».
GLI INDAGATI
Un'altra novità fondamentale riguarda i dipendenti sottoposti a procedimento penale: anche i semplici indagati «per reati connessi all'attività lavorativa», se la proposta passerà, saranno «tenuti a renderne tempestiva comunicazione scritta al responsabile della Prevenzione della corruzione al direttore del dipartimento Risorse umane e all'Ufficio procedimenti disciplinari». L'obbligo, quindi, sarebbe scattato anche per l'assessore all'Ambiente Paola Muraro, se fosse già stata in vigore la nuova normativa proposta. Fino a oggi, infatti, quest'obbligo riguarda soltanto i dipendenti che siano stati almeno rinviati a giudizio. Le conseguenze di queste comunicazioni, peraltro, saranno tangibili: «A seguito di notizia formale di avvio del procedimento penale o di avvio di procedimento disciplinare per fatti di natura corruttiva - si legge ancora nel documento - il direttore del dipartimento Organizzazione e Risorse umane procede, con provvedimento motivato, alla rotazione del personale non dirigenziale interessato», quindi il dipendente sotto indagine dovrà cambiare ufficio. Per i dirigenti, invece, «l'amministrazione procede, con atto motivato, alla revoca dell'incarico in essere e al conferimento di altro incarico».

LA MORATORIA
Nel nuovo codice di comportamento dei dipendenti capitolini sarà inserita anche una norma anticorruzione che si proietta oltre il rapporto di lavoro con l'amministrazione comunale: «I dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto dell'amministrazione - recita il testo da approvare - non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione, svolta attraverso i medesimi poteri». Secondo il nuovo articolo 22 del codice, inoltre, «i contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni, con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati a essi riferiti».