Campidoglio, si dimette l'assessore Morgante: «Volevo il rigore, ma non mi fanno tagliare»

Daniela Morgante
di Mauro Evangelisti e Fabio Rossi
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Giovedì 17 Aprile 2014, 08:23 - Ultimo aggiornamento: 18 Aprile, 08:43
​Si poteva e si doveva tagliare la spesa e ridurre la pressione fiscale. Non stato possibile farlo, la mia bellissima esperienza all’assessorato al Bilancio finisce qui. Daniela Morgante, giudice della Corte dei conti prestata al Campidoglio, da ieri non è più la responsabile del Bilancio del Comune di Roma. La sua proposta di manovra - che puntava ad applicare la linea virtuosa di attacco agli sprechi e, conseguentemente, limitazione delle tasse - è stata affondata da Ignazio Marino, nonostante le rituali frasi di ringraziamento per il «prezioso contributo», e dal Pd romano. L’ultimo scontro riguardava cento milioni ancora mancanti nei conti di Palazzo Senatorio: l’assessore voleva recuperarli con tagli e risparmi, il sindaco punta a ottenerli attivando ancora la leva fiscale. Così, alla vigilia della conversione del decreto Salva Roma in Senato, la Capitale si presenta al resto del Paese con l’ennesimo pasticcio: l’assessore al Bilancio di fatto mandato via, il sostituto che non è ancora stato trovato, il sindaco costretto a prendere ad interim la delega proprio mentre si sta scrivendo la manovra di previsione del 2014, che parte da uno squilibrio di 1,2 miliardi di euro.



LE OPZIONI

Marino e una parte del Pd stanno ragionando su due tipi di soluzioni: il sindaco mantiene ad interim il bilancio fino all’estate e viene affiancato dalla cabina di regia che sta lavorando sul piano di rientro triennale dal disavanzo strutturale (imposto dal Salva Roma), di cui fanno parte, tra gli altri, Giovanni Legnini, sottosegretario all’Economia, e Marco Causi, capogruppo del Pd alla commissione bilancio della Camera. In alternativa - o come naturale proseguimento di questa anomala formula che metterebbe Marino sotto tutela - c’è l’idea di fare passare le elezioni europee del 25 maggio e il varo del piano di rientro, per poi convincere Legnini o Causi a fare l’assessore al Bilancio. Ma il sottosegretario aveva già declinato l’offerta a giugno, quando era stato il primo a essere contattato dal chirurgo dem per l’assessorato chiave della sua giunta.



L’INCOGNITA

Ma a questo punto proprio il piano richiesto dal Governo - che prevede un riequilibrio strutturale dei conti comunali, comprese le disastrate aziende municipalizzate - potrebbe diventare uno scoglio insormontabile per l’inquilino del Campidoglio. Specie se la manovra di previsione non rispetterà i criteri di risanamento chiesti esplicitamente da Palazzo Chigi per dare il via libera all’aiuto da parte dello Stato. Ieri dall’opposizione Alfio Marchini ha osservato: «Il balletto stucchevole tra sindaco, assessori e la loro maggioranza sarebbe comico se non si giocasse con straordinario cinismo sulla pelle dei romani - è l’affondo dell’imprenditore - La scelta del sindaco di avocare a sé la delega al bilancio è invece semplicemente suicida, perché se non riuscirà ad approvare la manovra entro aprile non avrà altra scelta che dimettersi». Sulla vicenda è intervenuta anche Unindustria, l’associazione degli industriali di Roma e del Lazio, augurandosi che «le dimissioni di Daniela Morgante non comportino facili vittorie del partito trasversale della spesa e delle tasse che, purtroppo, ci appare ancora maggioritario in questa città».
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