Atac, spunta il piano-bis: vendere i depositi per evitare il concordato

Atac, spunta il piano-bis: vendere i depositi per evitare il concordato
di Simone Canettieri
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Lunedì 14 Agosto 2017, 07:47

Ritorna l'ipotesi della vendita degli immobili di Atac pur di evitare il concordato preventivo, scenario che rimane sul tavolo. In queste ore la società di via Prenestina sta di nuovo cercando di sondare questo terreno. I tre immobili di maggior valore sono, ovviamente, gli ex depositi di piazza Ragusa, piazza Bainsizza e via Alessandro Severo (nel quartiere San Paolo). Il valore complessivo stimato in circa 150 milioni di euro. A questi si aggiungono quelli di Portonaccio e Trastevere. Il provvedimento originario autorizzava l'azienda di via Prenestina «ad alienare i beni immobili mediante trasferimento a un Fondo comune di investimento immobiliare».

I DUBBI
L'operazione non è semplice. Gran parte di questi immobili andrebbero bonificati prima di essere messi in vendita, per altri, affinché siano appetibili sul mercato, invece occorrerebbe destinazioni d'uso diverse dal punto di vista urbanistico.

Inoltre, su alcune di queste sedi ci sono le ipoteche delle banche, per via dell'ultimo prestito chiesto per salvare Atac dall'agonia. La situazione rimane più ingarbugliata anche mai.
Il debito di 1,3 miliardi di euro costringe l'azienda a prendere una decisione netta. Anche l'ipotesi del prestito ponte, spiegano fonti interne del Campidoglio, sembra una strada molto complicata da intraprendere. Sullo sfondo rimane il presente e i decreti ingiuntivi che bussano alla porta della municipalizzata. Da quelli di Roma Tpl (45 milioni di euro) a quelli di Cotral e Trenitalia per Metrebus (circa 90). Se dovessero diventare attuativi, Atac rischia il blocco dei conti correnti. E quindi la morte. Anche perché nel frattempo i fornitori continuano a stare con il fiato sul collo: dai carburanti a pezzi di ricambio, gli autobus rischiano di non uscire. Visto che intanto le corse continuano a saltare con una frequenza incredibile.

L'IPOTESI
La situazione potrebbe esplodere prima del previsto nelle mani del Campidoglio. E in queste ore circola anche l'ipotesi che la prefettura possa intervenire per commissariare Atac. Sarebbe una mossa dirompente messe in campo dal rappresentante del Governo per garantire l'interesse pubblico del servizio, soprattutto in vista di settembre, quando la città rientrerà nel vivo, e i trasporti dovranno funzionare al meglio (scenario da troppo tempo disatteso). Raggi ha detto ai suoi prima di concedersi due settimane di vacanza che a fine agosto prenderà la decisione su Atac. Carlo Felice Giampaolino, il consulente scelto dall'azienda, lavora dal punto di vista legale su tutti i fronti. A partire da quello del concordato.

LE NORME
Ma intanto, è proprio la nomina di Paolo Simioni a rischiare di creare un altro cortocircuito. Perché s'ipotizzano motivi di incompatibilità. Secondo la legge Madia del 2013 e alla luce di parere dell'Anac dello scorso gennaio le cariche di presidente e amministratore delegato devono essere scisse da quelle di direttore generale. Per via della logica del controllato e del controllore. Inoltre, l'ex manager degli aeroporti di Venezia e Treviso (Save) non è passato da un bando pubblico, al contrario dei suoi predecessori, Bruno Rota e Marco Rettighieri. L'opposizione, da destra a sinistra, ha già annunciato una pioggia di esposti su Simioni che di fatto ricopre appunto tre cariche: presidente, ad e diggì di Atac. Una sorta di commissario scelto dal Campidoglio. Una mossa che potrebbe precedere ben altri scenari. Un fronte che si sovrappone a quello finanziario, con la corsa contro il tempo per non farsi strozzare dai debiti e quindi creditori. Anche per questo motivo Atac è pronta a vendere i gioielli di famiglia: i vecchi depositi.