LA LETTERA
Si sente sola, lontano da amici e parenti, e qualche giorno fa ha chiesto agli assistenti sociali di poter comunicare con sua madre. Ha scritto una lettera che è stata recapitata nel carcere di Rebibbia, dove la donna è rinchiusa dal 28 ottobre, con l’accusa infamante di aver approfittato economicamente della sua piccola, pur sapendo che si prostituiva. La risposta non si è fatta attendere: «Ma che dici, amore? Devi pensare solo a te stessa, devi cercare di recuperare, per crescere bene e nel modo giusto». Uno scambio commovente e un tentativo di recuperare un rapporto che difficilmente potrà trovare una soluzione positiva, perché alla donna è stata tolta la patria potestà di entrambi i figli.
L’OSSESSIONE
Nella casa famiglia, dove la ragazzina ha trovato rifugio, è circondata da attenzioni e cure, ma aspetta con ansia il giorno della settimana in cui può ricevere la visita dei parenti. «Zia - andava ripetendo la piccola nei mesi della follia - come faccio a fare tanti soldi? Io voglio guadagnare, perché voglio vivere bene, alla grande». E la zia provava a convincerla, cercava di farle togliere dalla testa quell’ossessione. «Le dicevo - ricorda - “sei una gran bella ragazza, puoi fare la modella, provare nel campo della moda”. Sembrava convinta a tentare questa strada e si era fatta fare anche un book da una fotografa molto brava». Ma poi il futuro ha preso una piega diversa. Lei e Agnese hanno incontrato Mirko Ieni, Nunzio Pizzacalla, Riccardo Sbarra, Marco Galluzzo, e sono finite a prostituirsi e a drogarsi in viale Parioli.
GLI ASSISTENTI SOCIALI
Eppure - racconta ancora la zia - la situazione e il disagio di Agnese, ma anche quello del fratellino, erano stati segnalati agli assistenti sociali. «Mia sorella - dice - non ce la faceva a gestire questi ragazzi, non aveva la forza perché soffriva di disturbi alimentari. Era bulimica ed è dimagrita di colpo da 160 a 50 chili. Purtroppo, devo ammetterlo con dispiacere, ma non sapeva fare la mamma, anche se sono assolutamente convinta che lei non avesse capito in alcun modo che la figlia si prostituisse». Di una cosa, però, la donna è convinta: è bene che la ragazzina stia nella casa-famiglia.
«Deve avere punti di riferimento certi», spiega. Anche l’altro nipote è stato tolto ai familiari. Lui e Agnese non avevano un rapporto facile. I problemi del dodicenne erano per lei un ulteriore limite alla possibilità di vivere meglio. E a raccontarlo è sempre la mamma nel verbale di interrogatorio in cui dice di aver parlato dei suoi dubbi su quanto stava combinando Agnese con lo psichiatra che seguiva il ragazzino, e anche con gli assistenti sociali. Ma nessuno sembra sia stato in grado di capire la gravità della situazione. «E ora che sta a Rebibbia - dichiara il suo difensore, l’avvocato Nicola Santoro - lei e la figlia stanno mostrando di avere bisogno l’una dell’altra».
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