Un'aggressione immotivata, gratuita. E a metterla in atto, secondo la Procura, sono stati tre poliziotti, mentre un quarto agente, che era insieme a loro, ha mentito agli investigatori che cercavano di ricostruire i fatti. Le vittime del pestaggio, avvenuto il 9 giugno 2022, sono tre ragazzini di 16 anni. Si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato: in via Cornelia, vicino alla stazione della metropolitana. Gli agenti erano stati chiamati per sedare una rissa tra sudamericani, ma quando sono arrivati hanno trovato solo gli adolescenti. E se la sarebbero presa con loro. Adesso rischiano di finire a processo: il pm Carlo Villani ha firmato una richiesta di rinvio a giudizio a loro carico. Le accuse sono lesioni, abuso d'ufficio e, a carico del quarto poliziotto, c'è l'ipotesi di depistaggio.
I FATTI
È poco prima di mezzanotte quando la centrale operativa di polizia avvisa una volante di intervenire per sedare una rissa fra sudamericani alla stazione Cornelia. Quando gli agenti arrivano sul posto trovano solo un gruppo di ragazzini che sta giocando con un carrello della spesa. A quel punto, iniziano schiaffi e spintoni.
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La seconda, invece, contusioni, «ferita del labbro, contusione della parte toracica». Un ragazzino ha raccontato che uno degli agenti lo ha colpito con un forte schiaffo al volto, l'ha afferrato per il polso e l'ha spinto verso il muro. Poi, mettendogli il braccio dietro la schiena, lo ha sbattuto sul cofano dell'auto di servizio. Un altro sedicenne sarebbe stato schiaffeggiato e il terzo strattonato. Un imputato deve rispondere anche di danneggiamento per avere distrutto il cellulare di uno dei ragazzini, che stava cercando di chiamare i genitori: glielo aveva strappato di mano, gettandolo poi in terra e schiacciandolo con una scarpa. A incastrare i poliziotti, i filmati delle telecamere di sorveglianza della zona.
Il quarto poliziotto è accusato di depistaggio. Faceva parte della pattuglia, non ha partecipato al pestaggio, ma, sentito come testimone, «affermava il falso, negava il vero e taceva, in tutto o in parte, ciò che sapeva intorno ai fatti», annota il pm nel capo di imputazione. Ascoltato dalla polizia giudiziaria, aveva mostrato «un atteggiamento reticente», si legge negli atti. Quando gli era stato chiesto se qualcuno degli agenti avesse colpito con schiaffi le vittime, «forniva una risposta del tutto inverosimile, sostenendo di non aver visto nulla». Aveva detto: «Non ho visto niente, perché ognuno di noi era impegnato con un gruppetto di quei giovani».