Leandro Bennato, preso il boss di Casalotti: per i pm è il mandante di tre rapimenti lampo

Triplice sequestro di persona, detenzione e spaccio di droga

Leandro Bennato, preso il boss di Casalotti: per i pm è il mandante di tre rapimenti lampo
di Valentina Errante e Camilla Mozzetti
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Venerdì 14 Aprile 2023, 07:28 - Ultimo aggiornamento: 15 Aprile, 11:09

Triplice sequestro di persona, detenzione e spaccio di droga. Per la procura di Roma, era Leandro Bennato, il proprietario dei 107 chili di cocaina rubati lo scorso ottobre al pusher Gualtiero Giombini, poi rapito e seviziato per rivelare i nomi dei clienti. Il boss di Casalotti, prima in affari con Fabrizio Piscitelli e condannato a sei anni, poi indagato (e archiviato) come mandante della sua morte, è stato fermato a Ladispoli: aveva fatto perdere le sue tracce, forse pronto a fuggire, la Dda di Roma e i carabinieri del nucleo Investigativo hanno così deciso per il fermo. Le contestazioni sono mosse anche a Elias Mancinelli, già detenuto, per la detenzione di droga e per i sequestri dei "ladri": Cristiano Isopo, anche lui torturato, e la rom Autilia Bevilacqua, che a fine ottobre avevano compiuto il furto. Si consuma tutto 15 giorni dopo, Giombini viene rapito, tenuto nudo in una capanna e seviziato con la fiamma ossidrica. Rivelerà i nomi dei clienti e verrà rilasciato alcuni giorni dopo: lo ritroveranno mezzo nudo per strada, in pessime condizioni. Portato in ospedale è morto sembra per una polmonite. L'aggiunto Michele Prestipino e i pm Giovanni Musarò ed Erminio Amelio non escludono che sia stata la conseguenza del sequestro. Comincia tutto con un furto "sbagliato" che dà il via ai tre sequestri lampo.
Il carabiniere Rosario Morabito, anche lui arrestato, con Isopo organizza il colpo in casa di Giombini a Casalotti. «Ti do le ladre più brave di Roma», dice a Isopo. Sono due rom, Autilia Romano e Autilia Bevilacqua. Isopo e le due rom portano via la cocaina, che viene custodita in una villetta a Fiumicino dove avviene la spartizione: 53,5 chili al militare e all'uomo e l'altra metà alle due donne. Quindici giorni dopo cominciano le rappresaglie. A raccontare l'orrore è proprio Isopo, arrestato in flagrante a dicembre, mentre, con Autilia Romano e a una sua cugina, incontra Mancinelli, per restituire la seconda tranche della droga e ottenere la liberazione della Bevilacqua. Dal suo cellulare, nel quale ci sono i messaggi di minaccia di Bennato, si arriva al mandante.

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IL VERBALE

«Dopo circa 15 giorni sono arrivati da me i proprietari di questa sostanza, mi hanno prelevato e il signor Elias mi ha caricato in macchina - racconta Isopo - mi ha incappucciato, mi ha fatto scendere e lasciare il cellulare e mi ha portato dentro a una casa, mi hanno tenuto il cappuccio e legato con le fascette da elettricista mani e piedi alla sedia e lì hanno cominciato a gonfiarmi di botte, gli aghetti me li hanno infilati dentro le unghie, cazzotti sulle mani, avevo le mani gonfie che non riuscivo a muoverle.

Mi menavano in testa con la scopa e mi ci menavano ancora per farmi più male, botte e calci sulle costole, sul torace, sul collo. Mi hanno fratturato due costole, mi hanno fatto una faccia così, lividi su lividi e sangue. Alla fine non ce l'ho fatta più e ho detto: il furto è stato fatto con due zingare della famiglia Bevilacqua. Dopo 12 ore mi hanno rilasciato pesto come l'uva». Ma non è finita: Isopo, dopo avere consegnato i suoi 53 chili di coca, deve recuperare quelli delle rom.

IL PUSHER MORTO

Nella casa del sequestro c'è anche Giombini, Isopo sente provenire dei «lamenti animali». Il racconto continua: «Avevano preso già lui e lo avevano massacrato. Era in condizioni irriconoscibili - ricorda - indossava solo le mutande la sua faccia era tumefatta, aveva lividi e sangue in tutto il corpo, ero una sorta di mostro. Elias mi disse che la stessa fine avrei fatto io se non avessi collaborato a restituire la droga. Elias e i suoi compagni, circa 8 o 9, un giorno lo avevano tenuto penzoloni da un ponte in zona Laurentino con la ferrovia sotto, dissero che se non riportavo la droga sarei andato giù per la ferrovia oppure sarei stato impiccato».

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