Atac verso il crac, indaga la procura. Il sindaco Marino si presenta in tribunale

Atac verso il crac, indaga la procura. Il sindaco Marino si presenta in tribunale
di Riccardo Tagliapietra
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Sabato 1 Novembre 2014, 05:57 - Ultimo aggiornamento: 2 Novembre, 10:18


La visita, ieri mattina, del sindaco Ignazio Marino in Procura, dove ha incontrato il capo, Giuseppe Pignatone, cela i due lati di una medaglia: una richiesta d'aiuto per non fare inghiottire Atac dai debiti e dalle vicende giudiziarie, e un atto d'accusa nei confronti della giunta Alemanno. Il memoriale consegnato dal sindaco al magistrato che ha aperto un'inchiesta, ricostruisce la vicenda del lodo arbitrale tra Atac e Tevere Tpl, che dopo la notifica di pignoramento per 77 milioni di euro, rischia di far saltare l'azienda capitolina di trasporto pubblico. Il documento punta il dito nei confronti dell'ex sindaco di Roma (dal maggio 2008 al giugno 2013; e i suoi collaboratori) che secondo Marino «non ha operato per ridurre i rischi economici per Atac». E oggi l'azienda ne sta pagando le conseguenze, tanto da rischiare il default. Ma ci sono molte altre inchieste che pendono sulla testa dei vertici aziendali e politici, che hanno guidato Atac dal 2001 a oggi. Truffe, frodi sulle forniture, una complessa inchiesta sulla bigliettazione, con indagati dirigenti, amministratori, consulenti. Anche indagini interne hanno descritto il malaffare che per anni ha usato l'azienda come un bancomat.

L'ULTIMA SPINA
Quel che è certo, però, è che il colpo di grazia a un'azienda disastrata arrivi proprio da una vecchia storia, quella di Tevere Tpl. Tutto nasce con il lodo arbitrale chiesto dall'azienda (che per Atac svolge i servizi notturni), sul bando di 400 milioni (dal 2005, quando sindaco era Veltroni, al 2009 con Alemanno), per adeguamento delle tariffe e per la proroga del contratto fino a tutto il 2009. L'anno successivo il collegio dà ragione a Tevere Tpl e stabilisce il pagamento di un centinaio milioni. Atac fa ricorso, ma il Comune decide di transare e offre 68 milioni. Sembra tutto a posto e la cifra viene inserita a bilancio. Ma l'assessore dell'epoca, Antonello Aurigemma, blocca il piano e chiede un parere all'avvocatura. Alemanno perde le elezioni, arriva Marino. La causa piomba sulle spalle del nuovo ad, Danilo Broggi, con una sentenza della Corte d'appello: Atac deve pagare 115 milioni (accessori e rivalutazioni comprese).

BOTTA E RISPOSTA
«Noi - scrive Marino - riteniamo che le richieste della controparte non siano congrue. Ma soprattutto non capiamo perché non solo la precedente amministrazione non si sia opportunamente attivata per contestare il lodo, ma per un motivo che non conosciamo non si sia attivata neppure per scrivere nel bilancio comunale le risorse necessarie per il pagamento». Un atto d'accusa molto chiaro a cui Alemanno risponde in serata. «Se oggi siamo in questa situazione non è per nostra inerzia, ma perché la magistratura civile ha emesso una sentenza. Informo poi Marino - replica l'ex sindaco - che non abbiamo messo in bilancio la somma relativa al risarcimento per il semplice fatto che il contenzioso risale ad un contratto del 2005 e quindi attiene alla gestione commissariale che si è insediata nel 2008». Controreplica immediata dell'assessore ai Trasporti, Guido Improta: «Alemanno si è dimenticato del perché nel Bilancio 2010 ha stanziato 15 milioni di euro per soddisfare la pretesa di Roma Tpl. Pertanto è l'ex sindaco - prosegue Improta - che nel confermare l'inadeguatezza e la contraddittorietà del suo operato, dovrebbe prendere atto della scarsa vigilanza che la sua Giunta ha esercitato soprattutto nel settore dei trasporti, saccheggiato da arbitrati e contenziosi, senza dimenticare la vicenda di parentopoli e le tangenti sui filobus».

VECCHIE INCHIESTE
Proseguono sul fronte giudiziario le altre inchieste. «Curriculum inadeguati e procedure di assunzione ignorate. Dietro all'ondata di assunzioni pilotate all'Atac c'erano rapporti clientelari e meglio ancora di parentela». Sono le conclusioni dell'inchiesta sulla grande Parentopoli Atac che ha portato a processo otto indagati, tra cui l'ex assessore Marco Visconti. Un altro filone riguarda la falsa bigliettazione, con indagati altri vertici dell'azienda, tra cui l'ex Gioacchino Gabbuti e il suo braccio destro Antonio Cassano, insieme a una manciata di dirigenti; ad alcuni la procura ha ritirato il passaporto. E ancora: operazioni finanziarie spregiudicate, consulenze d'oro, bandi di gara sospetti, errori contabili. Tutto contenuto in un dossier riassuntivo firmato dal collegio sindacale. Ma solo una parte di rapporti è stata inviata alla Procura, gli altri sono rimasti nei cassetti dell'azienda.