Rieti, resta in carcere il giovane
accusato del rogo mortale
di via Barilotto. Non convincono
le testimonianze degi amici

Rieti, resta in carcere il giovane accusato del rogo mortale di via Barilotto. Non convincono le testimonianze degi amici
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Giovedì 17 Agosto 2017, 07:13 - Ultimo aggiornamento: 13:19
RIETI - Resta in carcere Alessandro Di Giambattista, il giovane di 26 anni nativo de L’Aquila ma da tempo residente a Cittareale, accusato di aver ucciso nello scorso sabato sera il pensionato di 67 anni Enrico Piva in vicolo Barilotto, dopo aver provocato un incendio all’interno dell’abitazione al termine di una violenta lite.

Ieri mattina l’indagato (difeso dall’avvocato Marco Arcangeli), accusato di omicidio volontario e incendio doloso, si è avvalso davanti al giudice delle indagini preliminari della facoltà di non rispondere durante l’udienza per la convalida dell’arresto, svoltasi all’interno del Nuovo Complesso. Nel primo pomeriggio il gip ha sciolto la riserva e, accogliendo la richiesta della procura, ha disposto per l’omicida, viste le sue condizioni, la custodia cautelare in un carcere dotato di reparto psichiatrico. E’ iniziata subito, quindi, la ricerca del posto in un penitenziario appositamente attrezzato dove trasferire il detenuto.

L’AUTOPSIA
Nel frattempo, all’ospedale de Lellis veniva eseguita l’autopsia sul corpo di Enrico Piva per stabilirne le cause esatte della morte, attribuite a un malore insorto per le esalazioni di fumo provocate dall’incendio che, in un soggetto affetto da problemi cardiaci quale risultava essere la vittima, sono state fatali. Il medico legale si è comunque riservato sessanta giorni per eseguire gli esami tossicologici e depositare la relazione finale.

Assolti questi primi atti, prosegue l’inchiesta della squadra Mobile per ricostruire quanto accaduto esattamente nell’abitazione del pensionato, dove erano presenti cinque persone, prima e dopo l’incendio. Ricostruzione non affatto facile, perché l’unica versione finora ritenuta attendibile è solo quella di Di Giambattista che, nell’interrogatorio reso in Questura sabato notte, ha sostanzialmente detto: «Abbiamo litigato furiosamente perché Piva ha aggredito la mia fidanzata, offendendola e mettendogli le mani al collo. Io mi sono preoccupato perché lei è incinta e avevo paura che le succedesse qualcosa. Quindi siamo andati via e prima di uscire, al piano terra, ho dato fuoco con un accendino a un divano. Ma non volevo uccidere nessuno».

I RACCONTI DEGLI AMICI
Piene di contraddizioni sono risultate, invece, le deposizioni rese dagli altri tre giovani (non indagati) che erano in compagnia di Di Giambattista, soprattutto per quanto riguarda i momenti successivi alla lite e all’incendio della casa. Uno di loro avrebbe anche riferito di aver spento le fiamme e di essere poi andato via senza accorgersi di quanto è poi accaduto. Testimoni che dovranno essere necessariamente riascoltati, come pure sono da ricostruire gli ultimi momenti di vita del pensionato il quale, prima di morire, ha avuto il tempo di chiedere aiuto dalla finestra e di telefonare al 112 prima di raggiungere l’ultimo dei tre piani del piccolo edificio, dove è stato ritrovato dai vigili del fuoco, con il corpo in parte ricoperto dalle ustioni.
 
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