Rieti, sfruttavano la prostituzione:
uomo e donna condannati

Tribunale
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Giovedì 6 Luglio 2017, 07:15 - Ultimo aggiornamento: 13:30
RIETI - Erano arrivate in Italia (una dalla Macedonia e l’altra dalla Bulgaria) dietro promessa di trovare un lavoro, ma l’illusione aveva ben presto lasciato spazio a una realtà ben diversa ed entrambe erano finite sulla strada, costrette a prostituirsi sulla Tiberina. Poi, la decisione di ribellarsi e di denunciare i loro sfruttatori (per una delle ragazze fu determinante l’aiuto da parte di un cliente innamorato, l’amica invece fu fermata dai carabinieri per un controllo e raccontò tutto) che il tribunale di Rieti ha condannato per induzione, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, infliggendo tre anni di reclusione a una bulgara di 39 anni, A.N.N., sposata e residente in bassa Sabina, e due anni e sei mesi a un’autista macedone, T.F., 49 anni, mentre ha assolto il marito dell’imputata, un romano di 52 anni, tutti difesi dall’avvocatessa Rita Cagnizi.

E’ stata, invece, dichiarata la prescrizione per il reato di aver favorito l’ingresso nel territorio italiano di cittadini stranieri. Disposto dal collegio presieduto da Carlo Sabatini (a latere Auricchio e Panariello) anche il pagamento di una provvisionale di 10 mila euro e il risarcimento dei danni per una delle vittime costituitasi parte civile (l’amica è parte offesa), assistite dagli avvocati Paolo Baglioni e Alessandro Iannelli del foro di Roma. Sentenza (motivazioni tra novanta giorni, scontato il ricorso in appello) che ha ridotto le condanne più pesanti chieste dal pm Raffaella Gammarota (sei anni a testa per i principali imputati e quattro anni per il terzo) ma ha sostanzialmente confermato l’impianto accusatorio, basato su testimonianze e riscontri acquisiti da carabinieri e squadra Mobile nonchè sulle intercettazioni telefoniche, che hanno conferito credibilità ai racconti delle due giovani (una di loro fa parte del progetto Roxanne, riservato al recupero delle donne straniere vittime di tratta in Italia), su una storia di abusi, violenze e intimidazioni.

A partire dal 2009, quando le ragazze furono convinte a venire in Italia e alloggiate nella casa della bulgara e di suo marito, nel territorio di Fara Sabina. “Mi spegnevano le cicche di sigarette sulle braccia se non guadagnavo abbastanza e mi costrinsero a prostituire anche quando contrassi l’epatite”, ha raccontato in aula ai giudici una vittima, protetta da un paravento, ma è stato solo il passaggio di un dramma vissuto a lungo.
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