Rieti, morì al de Lellis nel 2008: maxi risarcimento ai familiari confermato dalla Cassazione

L'ospedale de Lellis (foto d'Archivio)
di Massimo Cavoli
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Martedì 16 Gennaio 2024, 00:10

RIETI - Cala il sipario sull’accertamento della responsabilità civile, attribuita alla Asl Rieti, per la morte di un pensionato di 78 anni, G.C., avvenuta all’ospedale de Lellis il 3 gennaio 2008, dopo un lungo contenzioso che aveva portato il tribunale di Rieti a emettere una prima sentenza di condanna nel 2014.
Una sentenza poi confermata dalla Corte di appello, e resa ora definitiva dalla Cassazione, che ha respinto il ricorso presentato dall’azienda sanitaria, che contestava la carente valutazione effettuata dai giudici di merito sull’esistenza del nesso di causalità tra il decesso del paziente, colpito da infarto intestinale, e le cure inadeguate alle quali era stato sottoposto dopo un primo accesso al Pronto soccorso e le successive dimissioni, al quale seguì un secondo ricovero.

Gli esiti. La terza sezione civile della Suprema corte, respingendo l’appello della Asl, ha in sostanza ribadito la correttezza del ragionamento seguito in primo grado dal giudice civile Francesco Oddi (oggi presidente del tribunale di Viterbo, ndr.), che ritenne, invece, come l’omissione di una diagnosi appropriata in occasione del primo ingresso in ospedale del pensionato, con assegnazione di un codice Triage di non gravità, e la relativa mancanza di cure nei giorni successivi, avessero contribuito a fare progredire la malattia, fino a un punto di non ritorno, “complice” l’assenza di strutture al Pronto soccorso idonee per la valutazione del rischio clinico.
Sentenza che riconobbe alle parti civili, quattordici eredi, tra figli e nipoti (per questi ultimi fu riconosciuto il diritto all’indennizzo, anche se non conviventi, per essere stato effettivamente dimostrato il loro legame affettivo e parentale con il pensionato), assistite dall’avvocato Alberto Trinchi, un milione e 400mila euro di danni, somma tra le più alte pagate dall’azienda sanitaria negli ultimi trent’anni a titolo di risarcimento, in conseguenza di diverse sentenze civili di condanna per responsabilità medica.

Importo aumentato sensibilmente, dopo che anche la Corte di appello, nel 2015, aveva confermato il giudizio del tribunale.

La vicenda. Una vicenda dolorosa, che andò a calarsi in uno dei periodi più travagliati sul piano organizzativo registrati all’ospedale reatino San Camillo de Lellis (ormai oltre diciotto anni fa), in giornate nelle quali ad alcuni pazienti ricoverati nel reparto di Ortopedia (e non solo), tenuti in attesa per giorni, veniva proposto il trasferimento presso altri ospedali laziali, dove poter essere operati, oppure il caos che regnava al Pronto soccorso a cavallo tra la fine dell’anno e l’inizio di quello nuovo (2007 e 2008) quando, secondo il perito, non avrebbe operato personale sufficientemente preparato e a digiuno di corsi di formazione professionale.

I temi. Disorganizzazione a cui si fa riferimento nelle sentenze, ma che la Asl reatina ha sempre negato, negli scorsi anni, nei ricorsi presentati contro le condanne, sostenendo che il servizio era conforme alle linee guida impartite dalla Regione. Ma quel che è certo è che si vissero momenti di grande tensione tra personale medico e familiari, tanto da fare intervenire la polizia, in occasione del secondo ricovero del pensionato, lasciato in astanteria per ore, mentre le sue condizioni si andavano aggravando, fino al decesso, avvenuto appunto nel gennaio del 2008.
Una vicenda approdata anche in sede penale, dopo l’inchiesta condotta da procura e squadra mobile, ma il procedimento per omicidio colposo si concluse con una sentenza di prescrizione.

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