Rieti, morì sugli sci: condizioni
proibitive sulle piste

Terminillo (archivio)
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Venerdì 19 Gennaio 2018, 07:59 - Ultimo aggiornamento: 13:05
RIETI - I particolari si moltiplicano, la ricostruzione dell'incidente mortale assume contorni sempre più definiti, così come il contesto in cui la tragedia è avvenuta. E un testimone oculare, spuntato d'incanto dal cilindro della parte civile (se sarà ammesso nella prossima udienza dal giudice monocratico Carlo Sabatini) potrebbe imprimere una svolta decisiva nel processo per il decesso di Giovanni Giraldi, il 44enne sciatore di Cittaducale morto il 29 dicembre di sei anni fa, in seguito a un impatto contro un albero, durante una discesa lungo la Cardito Sud, nel tratti di collegamento con la Cinzano. Processo che vede sul banco degli imputati, accusati di omicidio colposo, Flavio Formichetti, Roberto Bellucci e Michele Prevostini, rispettivamente legale rappresentante, direttore di esercizio e capo servizio della società Funivia del Terminillo. Ieri, nella terza udienza del procedimento, sono stati ascoltati i rappresentanti delle forze dell'ordine, quel giorno in servizio al Terminillo. Due poliziotti, un carabiniere e un ex forestale che hanno tutti confermato come il 29 dicembre del 2012, il Terminillo, fosse una lastra di ghiaccio, con la maggior parte delle piste chiuse, tranne la Cardito e la Cinzano.
Il presidente Sabatini, nell'interrogatorio, si è poi soffermato a lungo sulla ricostruzione della dinamica dell'incidente, cercando di stabilire con esattezza la traiettoria seguita dal povero Giraldi, prima e dopo la caduta. Dalle risposte dei cinque testimoni, è emerso che il 44enne di Cittaducale scivolò nel tratto che collega la pista Cardito Sud con la Cinzano. Tratto impervio costellato di alberi. Giraldi perse prima uno sci, poi l'altro e non potendosi più mantenere in equilibrio, finì la sua corsa contro un alto fusto di faggio, battendo violentemente la testa.
Giraldi, come già emerso nell'immediatezza dell'incidente, non portava il casco. Particolare, questo, non rilevante però ai fini della sicurezza, in quanto la legge non lo prescrive come obbligatorio per i maggiori di età. E' stata inoltre rilevata la prontezza della macchina dei soccorsi, anche se l'intervento fu reso comunque difficoltoso dalle impervie condizioni atmosferiche che rendevano la pista una lastra di ghiaccio particolarmente pericolosa. Ulteriori particolari nella ricostruzione dell'incidente si attendono ora dalla prossima udienza, calendarizzata per il 5 aprile, durante la quale è prevista l'escussione di ben 14 testimoni.

Oltre ai 14 testi, probabile l’inserimento di un soggetto che la parte civile - rappresentata dall’avvocato Francesco Persio - ha indicato come testimone oculare diretto della tragedia. I tre imputati, ricordiamo, sono accusati di aver violato la normativa di sicurezza sulle piste da
sci, richiamata dal capitolato della concessione provinciale sugli impianti, siglata in data 13 aprile 2012. Capitolato che imponeva di munire le piste di discesa di apposita segnaletica conforme alle norme Uni, di apporre recinzioni idonee a impedire l’accesso a zone particolarmente pericolose e, più specificatamente, di chiudere con idoneo sbarramento un accesso che collega la pista Cardito Sud con la Cinzano, il tratto impervio costellato di alberi dove si verificò l’incidente mortale. Secondo l’accusa, in particolare, le responsabilità dei tre imputati sarebbero da far risalire al non aver apposto una adeguata segnaletica, tale da poter indicare il pericolo costituito da una pista ghiacciata. Dalle carte in mano dalla Procura sarebbe inoltre emersoche la pista Cardito sud, dove è avvenuta la tragedia, sarebbe totalmente abusiva, in quanto si snoda attraverso un percorso non riconosciuto dalla legge.
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