Su alcuni documenti, c'era la firma falsificata del funzionario - risultato estraneo - per cui la sua abitazione era stata perquisita ma non erano stati trovati ne timbri, ne passaporti falsi. Ma per la detenzione illegale e la violazione del divieto di importare dall'estero esemplari animali, Lisciarelli è stato condannato dal tribunale (presidente Sabatini, con Auriemma e Morabito) a tre anni di reclusione (un anno in meno rispetto alla richiesta del pm Lorenzo Francia) e con lui, a diciotto mesi, anche la moglie (ex dipendente della Cassa di Risparmio di Rieti dell'agenzia di Passo Corese) per il concorso nello stesso reato (sapeva e non denunciò), mentre è stata assolta con formula piena dall'ulteriore imputazione di resistenza a pubblico ufficiale.
LA DIFESA
Rispondendo alle domande dei giudici, l'imputato si era difeso durante la precedente udienza sostenendo di aver agito in buona fede e di aver ricevuto il kalashinikov, la cui matricola era abrasa, quando lasciò l'ambasciata italiana in Pakistan: «Trattandosi di regali, come anche la zanna di elefante, ignoravo di doverne comunicare il possesso, tanto che li misi in valigia e a Fiumicino nessuno sollevò problemi», aveva detto, come pure il suo difensore, il legale umbro Romano Sciarretta - ricorrerà in appello contro la sentenza - ha puntato tutto sulla mancanza di dolo nel comportamento di moglie e marito. Decisiva, per la condanna, è stato anche l'esito della consulenza balistica ordinata dal tribunale sul kalashnikov, affidata al colonnello dell'Esercito D'Arienzo: l'arma è risultata perfettamente funzionante, ma sarebbe stato possibile utilizzarla solo con determinate munizioni che, peraltro, Lisciarelli non aveva a disposizione.
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