Rieti, svuotata società in fallimento:
indagato il sindaco di Borgo Velino
e l'ex assessore provinciale Beccarini

Rieti, svuotata società in fallimento: indagato il sindaco di Borgo Velino e l'ex assessore provinciale Beccarini
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Mercoledì 7 Giugno 2017, 08:14 - Ultimo aggiornamento: 13:33
RIETI - I contorni e gli investimenti delle presunte attività illecite sono da commedia cinematografica italiana degli anni ‘70. Le somme che sarebbero state indebitamente intascate sono però terribilmente vere. Non altissime, rispetto ad altri scandali di cui la cronaca giornalmente dà conto, ma tali da configurare, per la procura della Repubblica di Rieti (l’inchiesta è coordinate dal pubblico ministero Rocco Maruotti) il reato di bancarotta fraudolenta.

E’ giunta nella fase della richiesta di rinvio a giudizio l’indagine che la guardia di Finanza della brigata di Antrodoco, dopo aver depositato a febbraio gli atti in procura, ha condotto in merito alla dichiarazione di fallimento di una società in accomandita semplice con sede a Cittaducale, operante nel settore dell’estrazione di materiali inerti e con una cava nella zona.

Indagine che ha al momento portato all’emissione di tre avvisi di conclusione delle indagini nei confronti del liquidatore della società, Emanuele Berardi, attuale sindaco di Borgo Velino, della commercialista depositaria delle scritture contabili, la dottoressa Federica Tiezzi, e del personaggio che, secondo l’accusa, risulterebbe essere il factotum dell’intera vicenda, di fatto l’amministratore della società fallita, l’architetto Michele Beccarini, all’epoca dei fatti contestati assessore provinciale all’Ambiente, attuale consigliere comunale e candidato nelle liste Pd.

LA CONDOTTA NEL MIRINO
I tre, secondo l’accusa e secondo ruoli diversificati, avrebbero messo in atto azioni tali da «distrarre» a loro vantaggio una considerevole porzione delle risorse finanziarie della società fallita (la società Cava San Cristoforo sas di Cittaducale) - si parla di almeno 80mila euro - destinandole al soddisfacimento di esigenze e bisogni del tutto personali. Parliamo, tanto per capirci, di somme che sarebbero state usate dai tre per pagare l’acquisto di un’automobile, il pagamento delle rate residue di un mutuo in scadenza, altri sfizi di carattere personale.
Somme che, però, per la procura sarebbero state sottratte alle legittime ragioni dei creditori della società Cava San Cristoforo.

I tre indagati - Berardi, Tiezzi e Beccarini - oltre a queste operazioni da una parte apparentemente spregiudicate, dall’altra anche ingenue nel loro dipanarsi finale (l’acquisto di un’auto con i soldi della società fallita è quasi da barzelletta), forse perché il terzetto era convinto che mai nessuno sarebbe andato poi ad indagare così a fondo nei bilanci di una società in liquidazione e con un patrimonio in contanti non certo da mille e una notte, per giustificare costi fittizi e minori ricavi, avrebbero anche utilizzato ed emesso fatture per operazioni in tutto o in parte, secondo l’accusa, inesistenti.

Alle accuse nei confronti dei tre, Finanza e Procura sono giunti dopo la denuncia dei titolari della società in liquidazione che, di fatto, l’hanno trovata svuotata di tutto e dopo aver analizzano capillarmente operazioni finanziarie, una mole di documentazione e l’ascolto di diverse persone informate dei fatti, sono così riusciti a ricostruire il «puzzle» relativo alle varie fasi aziendali della società di estrazione di inerti e alle disponibilità economiche della stessa.
 
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