De Sisti era un tecnico emergente all’epoca insieme a Gianfranco Lombardi, coach di Rieti, e a Ezio Cardaioli, che guidava il Sapori Siena: tutti appartenenti a una scuola che predicava un basket ipertattico in cui la difesa ricopriva un ruolo dominante. Infatti, quando le loro squadre si affrontavano il punteggio complessivo raramente superava i 120-130 punti. Come nelle tre storiche partite tra Brina e Ivlas di quel lontano 1973.
A Vigevano, la gara di andata della poule promozione in serie A (insieme a Splugen Gorizia e Sapori Siena) terminò 58-60 grazie al famoso canestro da metà campo segnato dal playmaker reatino Enzo Napoleoni. Invece a Rieti, nell’attuale PalaCordoni - stipato all’inverosimile, tanto che chi non riusciva a entrarci poteva seguire le gare della poule trasmesse via cavo su un maxi schermo piazzato nella vicina piscina comunale - la partita iniziò con un brutto presagio per un banale infortunio durante il riscaldamento in cui l’allenatore-giocatore Lombardi si scontrò, distorcendosi una caviglia, col compagno di squadra Raul Altobelli, a sua volta suturato con dei punti a un sopracciglio. I lombardi condussero quasi sempre il match, vinto 57-58 grazie a un contestatissimo canestro, probabilmente a tempo scaduto, contro il quale Rieti inoltrò ogni tipo di reclamo, appello e ricorso, pur sapendo che non sarebbero mai stati accettati, ma più che altro per guadagnare tempo per favorire la guarigione della caviglia di Lombardi, in vista dell’inevitabile spareggio in campo neutro. Intanto Siena aveva vinto la poule salendo direttamente in serie A.
A Pesaro, quel 29 giugno, da piazza Marconi partirono una ventina di pullman alla volta dell’Adriatico, seguiti da altre centinaia di reatini giunti in auto o altri mezzi, tanto che per un giorno sul lungomare di Pesaro sembrava di stare in viale Maraini, all’epoca baricentro del passeggio e dello “struscio” reatino (le famose “vasche” su e giù per il viale).
In quell’occasione, proprio Mario De Sisti fu protagonista in mattinata di un aneddoto particolare. Infatti, mentre era seduto in un bar a prendersi un gelato col suo staff, il coach di Vigevano fu riconosciuto e attorniato da un gruppo di tifosi reatini che gli permisero di andarsene solo dopo avere esclamato “Forza Brina!”.
Nel pomeriggio, all’interno dello storico “hangar” pesarese, lo spareggio era già stato vinto sugli spalti 2000 a 80: questa più o meno la proporzione tra le tifoserie che, considerando mezzi di trasporto, viabilità e popolazione reatina del 1973, è un dato assolutamente eccezionale e irripetibile. Sul campo invece, pur rimanendo Lombardi in panchina, la Brina dominò ma col solito punteggio striminzito (55-44) e fu il reatino Luigi Simeoni (in arte “Giggi Ferro”) a segnare in tap-in, su tiro libero sbagliato, il canestro che negò l’ultima speranza di rimonta dei lomellini.
Nonostante quella sconfitta Mario De Sisti - simpaticamente soprannominato "il coach bakllerino" da Aldo Giordani, leggendario telecronista della Rai e fondatore di Superbasket, perché era effettivamente un bravo ballerino di rock and roll - ha poi allenato ad alto livello per 25 anni portando in serie A1 Udine, Gorizia e Treviso, o in A2 Sassari, oltre a vincere una coppa Korac nel 1986 con la Virtus Banco di Roma e ad allenare le nazionali di Svizzera, Uruguay e Repubblica Centro Africana. De Sisti è rimasto in palestra quasi fino all’ultimo e nei decenni ha formato durante i corsi tenuti per la Fip tanti tecnici che oggi allenano in serie A, i quali lo ricordano e lo stimano per la scrupolosità e la profonda conoscenza del gioco. De Sisti, oltre a rappresentare anche un capitolo della storia di Rieti, è stato uno dei pionieri che, dall’inizio degli anni ’70, hanno contribuito a trasformare la pallacanestro italiana in “basketball”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA