Rieti, minaccia barista per lavori
non pagati: condannato a tre mesi

Rieti, minaccia barista per lavori non pagati: condannato a tre mesi
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Mercoledì 13 Dicembre 2017, 08:02 - Ultimo aggiornamento: 13:00
RIETI - Aveva preteso il pagamento dei lavori di ristrutturazione di una casa, iniziati ma non conclusi a causa delle improvvise difficoltà economiche dei proprietari, minacciando quest’ultimi di pesanti ritorsioni se non avessero pagato l’intera cifra concordata.

Una vicenda risalente al 2012 che aveva portato all’arresto di un macedone (poi scarcerato) e di un italiano, fermati dai carabinieri mentre riscuotevano da una commerciante di Passo Corese 400 euro in banconote precedentemente fotocopiate. Per lo straniero Rahim Berisa, 44 anni, originario di Skopje, e per Paolo Roberto Vignola, 59 anni di Civitella San Paolo, era scattata l’accusa di estorsione ma il tribunale, presieduto da Carlo Sabatini, dopo una lunga camera di consiglio ha riqualificato il reato nei confronti del macedone (difeso dall’avvocato Gianluca Graziani) in esercizio arbitrario delle proprie ragioni e lo ha condannato a sei mesi di reclusione, nonostante la condanna a tre anni e sei mesi sollecitata dal pm Cristina Cambi.

Identica sorte, in precedenza, era toccata a Vignola il quale, giudicato con rito abbreviato dal giudice dell’udienza preliminare, era stato condannato a tre mesi di reclusione dopo la riqualificazione del reato come avvenuto nel caso di Berisa, ottenendo i doppi benefici di legge.

LA STORIA
La storia aveva preso le mosse da un accordo raggiunto dalla commerciante P.E. e dal figlio A.A. per far eseguire lavori di intonacatura all’interno della loro casa nonché il rifacimento del tetto. Prezzo concordato 33mila euro, con la consegna a garanzia da parte della proprietaria di dieci assegni postdatati di 3.300 euro ognuno, da incassare il giorno 20 di ogni mese in corrispondenza dell’avanzamento dei lavori. Ma dopo due mesi, per problemi finanziari, la signora aveva invitato il macedone a sospendere l’intervento edilizio e a restituirgli otto dei dieci assegni, richiesta caduta nel vuoto perché Berisa aveva consegnato a terze persone come pagamento i titoli che, messi all’incasso, erano andati protestati.

LE RICHIESTE
E’, a questo punto, che il macedone aveva reclamato il saldo dei lavori perché quelli eseguiti sarebbero stati di importo superiore a 6mila euro e di non aver mai ricevuto soldi – contestato dalle vittime perché non erano stati portati a termine - ricorrendo a minacce sia personali nei confronti della commerciante e del figlio («Se non pagate finirete male», «Mi dovete dare 30mila euro e se non lo fate vengo con dei miei amici e vi distruggo il locale»), che inviate attraverso messaggi sms («Martedi mattina vengo e finisce male») che avevano spinto le vittime a rivolgersi ai carabinieri di Passo Corese.

I militari coresini avevano organizzato la trappola facendosi trovare sul luogo dell’appuntamento dove la donna consegnò i 400 euro e arrestarono Berisa e Vignola che, in alcune occasioni, aveva accompagnato il macedone.
 
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