Rieti, anziani e disoccupati:
la provincia non è un paese per giovani

Centro Anziani
di Alessandra Lancia
3 Minuti di Lettura
Venerdì 27 Maggio 2016, 08:18 - Ultimo aggiornamento: 13:37
RIETI - Indice di vecchiaia più alto del Lazio e più alto ancora della media nazionale; indice di disoccupazione al 12,4% (contro l'11,9% nazionale), che sale al 24,6% se ai disoccupati si aggiungono gli inattivi; occupati di tutte le categorie in calo (erano 58.700 nel 2012, inclusi i dipendenti pubblici, sono 55.700 nel 2015); in calo anche il numero delle imprese (da 13.369 a 12.904, col saldo tra iscritte e cessate sempre in negativo). Unico dato positivo, quello del valore aggiunto provinciale, salito dai 2,796,3 milioni del 2013 a 2.861,7 milioni nel 2015. Ma già mettendo in relazione il valore procapite di Rieti (18.019,80 euro) con quello nazionale (24.107,46 euro) diventa negativo pure questo.

LA FOTOGRAFIA
E' la foto di Rieti e provincia scattata dall'Inps, che la generosa e combattiva presidente Paola Paolucci se potesse migliorerebbe come solo photo shop sa fare ma che l'assessore comunale Vincenzo Giuli bolla tout court come «drammatica». Nei dati presentati ieri mattina in sala consiliare dalla Paolucci insieme alla direttrice della sede reatina Luigina Gagliardi, si coglie un grande sforzo non solo di ricognizione sul territorio ma anche di analisi, a partire dal dato per l'Inps decisivo dell'invecchiamento della popolazione: l'età media dei 158.981 abitanti del reatino è 45,9 anni, la più alta del Lazio; il 22,81% ha più di 65 anni: «Un dato pesante dice la Paolucci che condiziona non poco l'organizzazione dei servizi». O dovrebbe condizionarla.

LE PENSIONI
Il riflesso sulle pensioni è speculare anche se, pure nel reatino, gli effetti della riforma Fornero si fanno sentire: il numero delle pensioni vigenti è calato, dal 2013 al 2015, da 60.650 a 59.765, mentre è salito l'importo medio mensile (da 888,32 a 909,78 euro). Ma quello che colpisce (e aiuta) nel report presentato ieri dall'Inps di Rieti è la «composizione» di questi numeri, che ci aiuta a capire chi siamo stati e chi siamo oggi. Siamo stati un popolo di dipendenti (21mila e ora poco più di 20 mila, il 33% del totale) per lo più pubblici (17,5%). Oggi, a fronte di 55.700 occupati (compresi i dipendenti pubblici) il 54,5% è occupato in agricoltura, il 19,5% nel commercio, alberghi e ristorazione, l'11,3% nell'industria, il 7% nelle costruzioni, il 7,8% in altri servizi. Più nello specifico una media di 2.720 lavoratori agricoli, 4.821 artigiani, 4.587 commercianti, 15.895 tra operai, impiegati quadri e apprendisti del settore privato. Quanto ai collaboratori (di tutti i settori) sono scesi da 15.028 unità del 2013 a 13.950 nel 2015, mentre i professionisti sono passati da 751 a 1.180: ma in questi dati già si coglie l'effetto del Jobs Act su co.co.co e partite Iva.

Ciò che lega tutti questi numeri è il segno meno che li accompagna. Vale per gli italiani e vale per lavoratori e imprenditori extra comunitari: erano in media 3.716 nel 2013, scesi a 3.549 nel 2014. Salgono invece le cosiddette prestazioni a sostegno del reddito tipo disoccupazione, mobilità, e questo non è un bene: nel 2013 erano 3.109 i precettori di cigo, aspi, mini aspi e naspi (argh!), nel 2015 erano 3.414 dopo il picco di 3.677 del 2014; idem per le mobilità, passate dai 560 del 2013 a 745 nel 2014 e a 653 nel 2015. Scendono invece le ore di cassa integrazione da 1.990.635 a 1.532.137 - ma solo per effetto del fermo dovuto alla nuova normativa del settembre 2015 che la rende meno conveniente per le aziende. Dati su cui a livello nazionale ci si accapiglia tra governo e opposizione ma che a Rieti ascoltano solo l'assessore (ed ex segretario della Cgil) Vincenzo Giuli e il consigliere regionale Daniele Mitolo. In fondo è solo una foto. Drammatica, ma tant'é.
© RIPRODUZIONE RISERVATA