Rieti, i dilettanti e l'emergenza,
bomber Matteo Dionisi diventa
medico per via telematica:
«Grande emozione, riscoperto
anche il senso della famiglia»

Matteo Dionisi in tre versioni...
di Andrea Giannini
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Venerdì 3 Aprile 2020, 11:11 - Ultimo aggiornamento: 11:13

RIETI - Una luce fioca in fondo al tunnel, anche se nel Reatino la situazione non è delle più rassicuranti. L’emergenza sanitaria sta mettendo in ginocchio un po' tutto e tutti. Ma gli obiettivi di una vita possono essere conseguiti anche ai tempi del coronavirus. Matteo Dionisi, 37 anni e bomber della Bf Sport, lo scorso 31 marzo si è laureato in Medicina: il titolo di studio è stato conseguito peer via telematica da casa.

Dionisi, fresco di laurea, che idea si è fatto dell'emergenza sanitaria in corso?
«La situazione a oggi è un po’ più delineata. A posteriori ciò che sta accadendo non si può dire se poteva essere preveduto. Il concetto fondamentale che ti insegnano in una materia, la Virologia nello specifico, è di pensare: quando accade una pandemia e non se accade. Questo ci fa riflettere sul fatto che non siamo abituati a certi tipi di problematiche».

Sono state adottate tutte le misure necessarie per fronteggiare l’emergenza?
«Quando l’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha dichiarato lo stato di pandemia globale, c’era ancora il trattato di Schengen e non si potevano chiudere i confini nazionali poi, con l’emergenza dichiarata, questi sono stati chiusi. Siamo passati da tre Dpcm perché l’italiano medio non è educato. Nessuno rispettava le regole o si aggiravano, si falsificavano la autodichiarazioni. Ora che la maggior parte sta rispettando tutte le precauzioni stanno pian piano scendendo i contagi ma dal mio punto di vista l’ultimo decesso o l’ultimo caso negativo ci sarà non prima di luglio e in quel momento potremmo tornare alla quotidianità. Si stanno attuando delle metodiche di contenimento che si attuavano già quando ci fu la Peste, stiamo parlando del 1300. Nonostante i numerosi passi avanti che abbiamo fatto tecnologicamente ci scontriamo con una realtà dei fatti che è quella che oggi vediamo. Ci troviamo di fronte a un qualcosa che è più grande di noi».

Oggi è in crisi il sistema economico e sanitario.
«Ora il problema fondamentale non è tanto quello economico, stiamo riversando tutte le nostre risorse affinché venga sconfitta la pandemia. Il limite sta nelle strutture sanitarie. La sanità regionale è complicata da gestire e dovrebbe essere nazionale, con unicità delle prestazioni altrimenti si rischia una sanità di serie A e una di serie B. Non essendo inoltre abituati allo smart working, ci siamo trovati un po’ in difficoltà nella gestioen del quotidiano».

Ci sono pochi medici?
«C’è anche un problema culturale. Ciò che mi ha dato molto fastidio è che negli ultimi anni è stata screditata la medicina e la scienza. Oggi esiste il “Dottor Google”. Le persone oggi si autodiagnosticano le varie problematiche alle quali possono andare incontro. Ci sono persone che studiano dieci, venti anni ed è come se non avessero fatto nulla. Ci sono persone che fanno sacrifici, che stanno sopra ai libri per ore, che hanno fame di conoscenza. Tutto ciò svanisce in un secondo, mettendo una parola chiave su un motore di ricerca. Adesso ci accorgiamo di quanto scienza e medicina siano importanti e di quanto le abbiamo trascurate».

Quanto saremo "cresciuti" dopo questa "guerra"?
 «Indipendentemente da ciò che faccio, è un momento in cui la vita si è fermata. Sembra tutto negativo ma noi andiamo avanti, senza pensare. Stavo proprio leggendo un libro sugli automatismi della vita: secondo alcune stime, nel 90% delle azioni nella nostra quotidianità non viene azionata nessuna area cerebrale: procediamo per schemi e concetti».

E poi in giro ci sono le fake news...
«Direi di sì... Sull'argomento ogni notizia che leggiamo deve essere confermata da siti affidabili come Aifa (Agenzia Italia del Farmaco) o dal Ministero della Salute. Molti italiani sono facilmente influenzabili dai social...».

La sua laurea telematica, che sensazioni ha avuto?
«Dopo sette anni di Medicina e tre anni di Biotecnologie sono arrivato al grande giorno. È stata una laurea sognata, portata avanti dopo tanti sacrifici, voluta e combattuta. Non ho mai mollato, ho voluto anche studiare la notte perché il calcio mi ha sempre portato via molto tempo. È stata un laurea bellissima, la miglior cosa della mia vita. È stata piena di un valore immenso. Farlo in casa, solo con i miei, in una maniera così raccolta vale più di mille feste con gli amici. È arrivata nel silenzio, in un periodo di sofferenza. L’idea della famiglia, in un momento in cui molti cari non possono vedere i proprio genitori, figli o parenti, mi è esplosa dentro. È il regalo più grande che potessi ricevere».

Quali sono ora i suoi progetti?
«Il mio percorso è attualmente in un limbo. Non ho l’abilitazione per esercitare la professione e per poterlo fare devo effettuare 100 ore di tirocinio. L’ospedale dell’Aquila non è strutturato vista la situazione, tutto è rimandato a giugno. Nel frattempo leggo libri, vorrei diventare ortopedico o anestesista».

Come trascorre le giornate in casa?
«Il mio hobby fino a oggi è stato solo quello di studiare (ride). Ora leggo libri, su Netflix sono appassionato di thriller e molto altro, sto rivedendo anche l’inglese. Sto svolgendo un minimo di attività fisica. Ho mollato un po' ma sto mangiando di meno, questo sì. Ogni tanto cucino ma non so fare i dolci (ride), ci ho provato ma uno è andato a finire male...».

E il rapporto con la sua ragazza com'è cambiato?
«Nota dolente. Non ci vediamo, anche lei sta attraversando un periodo difficile. Fa la maestra di yoga in una palestra e chiudendo quest'ultima sta cercando di trasformare questa professione in un qualcosa di diverso. Nell’attesa stiamo tramutando il suo lavoro in lezioni online. Quando posso l’aiuto e facciamo anche yoga insieme, ma solo telematicamente».

Quale dovrebbe essere per lei il futuro dei campionati?
“Oggi abbiamo capito che siamo una nazione di “pallonari”.

Il calcio non si vuole fermare neanche davanti alla morte e ciò mette i brividi. Ci sono altre priorità ma stanno cercando in tutti i modi di poter continuare a breve. Il calcio si deve fermare perché non ci sono le condizioni. Non possiamo far fronte a una seconda ondata di emergenza: collasseremo».

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