Don Vito si presenta alla sua nuova Diocesi: ascolta i Negramaro e gli piace il mare. «Ma mi sto preparando per la montagna»

Don Vito si presenta alla sua nuova Diocesi: ascolta i Negramaro e gli piace il mare. «Ma mi sto preparando per la montagna»
di Raffaella Di Claudio
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Sabato 26 Novembre 2022, 00:10

RIETI - Ascolta la musica dei conterranei “Negramaro” e la loro versione di “Meraviglioso”, capolavoro di Domenico Modugno, può definirsi a tutti gli effetti sua canzone preferita. Parliamo di don Vito Piccinonna che dal prossimo 21 gennaio sarà il nuovo vescovo della Diocesi reatina. 

L’abbigliamento è casual, ma al collo non manca la croce di don Tonino Bello, vescovo amatissimo, suo faro spirituale insieme a don Diana. «Me la poggiò sul petto il giorno della nomina il mio arcivescovo Giuseppe – confessa il vescovo Vito – Un gesto che mi ha richiamato la sua umanità, la sua fede e ora il suo episcopato. Mi piace pensare che sia quella croce a portare me e non il contrario». A don Tonino deve «il più grande insegnamento ricevuto», semplificato in un proverbio brasiliano secondo cui è necessario «mettersi in corpo l’occhio dei poveri». «Un invito – spiega don Piccinonna – a cambiare prospettiva e a vedere gli invisibili come pietre preziose per costruire una società a misura d’uomo. Esattamente come si fa nelle famiglie in cui attorno a chi ha bisogno si fa quadrato». Perché occuparsi dei più bisognosi «non è solo assistenzialismo, ma riscoprire la dignità che ci attraversa». 

La sua libreria. Non è casuale che nella sua libreria, accanto ai Vangeli, a “Lettera a una professoressa” di don Lorenzo Milani, alle opere del teologo David Maria Turoldo e di don Tonino Bello - «che è un antiruggine per me e ravviva sogni e prospettive di Chiesa» – c’è Fontamara di Ignazio Silone. «Mi colpì sin dalle scuole medie – racconta – il modo in cui affronta il tema del riscatto sociale, molto vicino a quello che vivo ogni giorno cercando di perseguire il primato delle persone, prima che delle categorie (detenuti, poveri) cui troppo spesso si fa ricorso».

Della sua terra gli mancherà «la famiglia e la Chiesa di origine che mi ha generato come madre». 

Il suo paese natale. Palombaio, suo paese natale, è il suo luogo del cuore, «ma pur conoscendo ancora poco Rieti la sento già vicina e per dimostrarlo ha deciso di essere ordinato lì. Come Bitonto – è una città del sollievo e so che è denominata Umbelicus Italie. Mi è piaciuta l’interpretazione che ne ha dato don Domenico, non come ripiegamento, ma punto di relazione perché la sfida delle relazioni è sicuramente la prima che vorrò accogliere». 
Come quella di passare dal mare alla montagna.

Innamorato del mare. «Sono molto innamorato del mare – dice- mi rilassa ascoltare il rumore delle onde e nuotare, ma mi preparo a conoscere la montagna. A Terminillo sono stato durante il pellegrinaggio di quest’estate e devo dire che l’escursione fino alla cima mi è piaciuta molto». In cucina, invece, si spinge «non oltre la pastina con il dado», a tavola predilige la pizza e gli spaghetti con le cozze, però garantisce massimo adattamento ai piatti tipici reatini.

L'olio. Ma conditi con l’olio della Sabina o con quello pugliese? La domanda è di quelle da un milioni di dollari, ma il vescovo Vito la gestisce con destrezza, senza fare mistero del «profondo amore per l’olio pugliese, vista anche la tradizione familiare che per un periodo ha visto mio papà essere capo frantoiano», ma tranquillizzando tutti sul fatto che «sono aperto ad altri gusti e lo assaggerò». E? «Lo apprezzerò, lo apprezzerò». 

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