Eppure, Renzi corregge l'ex Cavaliere sul metodo. Assicura: «Italicum e Quirinale sono partite diverse». Aggiunge: «Lo schema resta quello di sempre, il Pd si riunirà e farà un nome condiviso e condivisibile, autorevole e arbitro, che poi sottoporrà alle opposizioni cercando la maggioranza più ampia possibile». «Si andrà su un candidato con il metodo Ciampi», pronostica il deputato dem Francesco Verducci.
Di sicuro c'è che Renzi, da qui a giovedì prossimo, quando a Montecitorio si riuniranno i grandi elettori per dare il via alle danze quirinalizie, cercherà di ricompattare il partito, riportando dalla sua gran parte dei 140 parlamentari della minoranza. «Anche perché», spiega uno dei suoi, «così Matteo avrà più forza per andare a trattare con Berlusconi».
Per riuscire nell'impresa, a palazzo Chigi e al Nazareno studiano nomi e curricula. Cercano un candidato gradito «all'intero partito» e «digeribile» a Berlusconi e Alfano. I candidati esaminati alla lente d'ingrandimento non sono pochi. Si fa con più insistenza il nome del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, ipotesi utile anche per tentare di compattare il partito. Come in crescita sono anche le quote del ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan. Ci sono poi gli ex segretari Walter Veltroni e Piero Fassino; l'ex dc Sergio Mattarella e l'ex capogruppo Anna Finocchiaro, graditissima al capo di Forza Italia e alla Lega. Calano invece le quotazioni di Giuliano Amato che non avrebbe la certezza di incassare tutti i voti del Pd e neppure quelli di Forza Italia (tra gli ex socialisti continuano le antiche faide). Resta invece stabile la candidatura di Pier Ferdinando Casini che potrebbe essere un compromesso per entrambi gli schieramenti.
Rispunta inoltre l'ipotesi Pietro Grasso. Per ragioni statistiche: gran parte dei capi dello Stato sono transitati dalla presidenza di una Camera. E per ragioni di convenienza: «E' vero, Matteo non ama molto Grasso», spiega un renziano doc, «ma se lo piazza sul Colle libera la delicatissima poltrona del Senato per metterci uno più capace e affidabile. E poi il grigiore e la scarsa attitudine politica di Grasso non è detto che siano un problema. Anzi. In più, Grasso è apprezzato da Berlusconi e da Bersani».
TUTTO PREMATURO
In realtà, è davvero troppo presto per sposare e scommettere su un candidato. Renzi con ogni probabilità sfornerà il nome “vero” - per evitare di bruciarlo - soltanto la mattina della votazione decisiva. Ed è probabile che sia «una bella sorpresa», come dicono ghignando al Nazareno e a palazzo Chigi, «un nome che nessuno finora ha mai fatto o addirittura pensato». Uno (o piuttosto una) alla Sandro Pertini o alla Papa Francesco, «capace di innescare un'empatia naturale e forte con i cittadini». Che questa sia una pista è confermato da Berlusconi: «Renzi è estremamente abbottonato, non ha voluto dire neppure a me il nome che ha in testa», ha confidato.
Resta ancora nelle nebbie anche la questione di quale sarà la votazione decisiva. Da Davos Renzi ha parlato di nuovo della quarta votazione, quando il quorum scenderà alla maggioranza assoluta. Ma chi parla spesso con il premier-segretario non scarta l'ipotesi che Renzi - se riuscirà a trovare un accordo blindato nel Pd e con Berlusconi - tenterà il colpo grosso. Vale a dire: l'elezione alla prima votazione. «Anche perché così eviterebbe di ingarbugliare la partita e potrebbe avere un importante successo d'immagine, dimostrandosi più forte della faide di Palazzo», dice un altro renziano di alto rango.