Genetica, ritrovato il dna del vino di Gregorio VII e di Matilde di Canossa

Genetica, ritrovato il dna del vino di Gregorio VII e di Matilde di Canossa
di Franca Giansoldati
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Lunedì 20 Novembre 2017, 09:58 - Ultimo aggiornamento: 21 Novembre, 11:53
Dopo secoli di oblio è stata recuperata l'uva che Matilde di Canossa usava per quel vino frizzante e leggero che tanto piaceva a Gregorio VII. Un vitigno scomparso, finito chissà dove, probabilmente confuso con il Sauvignon blanc se non, addirittura, abbandonato. Grazie all’ampelografia (la disciplina che studia, identifica e classifica le varietà dei vitigni) e ad analisi genetiche fatte dall'Università di Bologna è stato isolato e definito con assoluta certezza questo storico vitigno. L’uva di Matilde ha ripreso vita. E forse proprio lei, la Contessa dal pugno di ferro che governava da Piacenza fino a Modena e che portò la pace tra l’imperatore Enrico IV e Papa Gregorio VII, ne sarebbe fiera.

Proprio il vino prodotto dall’uva Spergola ha riempito i calici e suggellato la pace tra l’imperatore e il pontefice nella misteriosa rocca di Canossa. Fu un brindisi sofferto. In quello scenario gotico l’imperatore ribelle che non si era piegato alla prassi delle investiture e restò tre giorni e tre notti nella neve prima di avere concesso il perdono da Gregorio VII. Il Dna del vitigno è stato isolato grazie al lavoro certosino dei ricercatori. Nessuno ha dubbi: è coevo a quel periodo. Le ricerche hanno avuto inizio nel 2004 quando il Comune di Scandiano, in provincia di Reggio Emilia, assieme alle quattro cantine sociali locali, hanno deciso di promuovere uno studio biologico e genetico di una uva bianca locale per isolarne il gene. A guidare tutte le fasi è stata la professoressa Daniela Fontana dell’Università di Bologna.

Le ricerche hanno confermato persino l’etimo del vitigno, Spergola, così chiamata perché si presenta con un grappolo spargolo, diradato, con chicchi radi e in vigne superiori a vent’anni. Non c’è altro vitigno al mondo come la Spergola che riesca a sopportare la siccità. Ha bisogno di terreni ricchi di struttura, minerali, di gesso, poveri d’acqua ma ricchi di sostanze. Esattamente come lo sono le terre della collina reggiana con le sue falde di gesso, di limo, i calanchi, dominati dalla rocca di Canossa. La prima cognizione della Spergola che riguarda Matilde di Canossa è al centro di una delle sue operazioni diplomatiche della Contessa; nel pieno della bufera per la lotta delle investiture, ne fece omaggio a Papa Gregorio VII. Una successiva testimonianza riportata dalla moglie di Francesco I Medici, Bianca Capello, Granduchessa di Toscana annotava del «buon vino di Scandiano, fresco e frizzante». Siamo nel 1580.

E poi ancora Andrea Bacci che menziona nella zona la produzione di vini pregevoli, profumati e frizzanti. Insomma la Spergola. Agli inizi dell’800 c’è persino Filippo Re che parla dei vini spumanti e sulla Spergola descrive «l’aroma e il gaz». Insomma un frizzantino. La confusione che regnava circa l’identità genetica di questa uva era grande. Fino ad oggi si pensava che questa particolare qualità rientrasse nel Sauvignon, ma le ricerche fatte hanno messo fine al meticciato e ripristinano la genealogia. Le ricerche verranno presentate in Senato mercoledi 29 novembre, alle ore 15,30, nella sala Nassiriya, dalla senatrice Leana Pignedoli, relatrice del ddl sulla biodiversità, dall’Enologo Alberto Grasselli, da Denis Pantini presidente dell’Osservatorio agroalimentare e da Andrea Olivero, vice ministro delle politiche agricole.
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