Vatileaks, indagati gli autori dei libri

di Francesco Ruffini
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Sabato 21 Novembre 2015, 10:55 - Ultimo aggiornamento: 12 Novembre, 00:11
Quasi all’unisono, le “scoperte” più o meno inedite sulle “competenze” e sulle “conoscenze”, straordinarie, di una “lobbysta” venuta dal nulla stanno diventando oggetto di indagini anche da parte delle patrie procure della Repubblica. E da domenica due giornalisti indirettamente additati dal Santo Padre perché coinvolti in una divulgazione di documenti frutto di «reato e atto deplorevole» che «non aiuta» né lui né i suoi collaboratori nel tentativo di riforma della curia romana che coraggiosamente stanno tentando. Ai magistrati vaticani, e possibilmente anche a quelli italiani, l’ardua sentenza. Se i primi si comporteranno come nel processo che ha accompagnato le vicende della prima puntata di Vatileaks, c’è poco da sperare. Di quella prima, disgustosa vicenda, all’opinione cattolica del mondo è stata servita una storiella strapaesana che, scaricando tutto sulle spalle di Paolo Gabriele, ha lasciato indenne quella ventina di personaggi (i destinatari delle buste che Paolo Gabriele preparava con le copie dei documenti sottratti al Papa) ecclesiastici e laici, in servizio permanente effettivo nel mondo degli affari borderline e nei media. Salvo i quattro-cinque che Benedetto XVI tiene reclusi nella sua clausura a condurre vita monacale di preghiera e penitenza, gli altri sono ancora dediti ai soliti affari e sono fotografati al fianco di Papa Francesco.

E se i secondi continueranno ad avere, nelle situazioni che chiamano in causa uomini delle istituzioni cattoliche quella irriducibile cautela manifestata nelle recenti questioni delle diocesi di Terni, L’Aquila, Trapani, non sarà mai possibile sapere perché tanti uomini di Chiesa siano testardamente dediti a trasformare in strame ciò che toccano. Per comprendere le dinamiche, nemmeno troppo occulte, che hanno spinto personaggi più o meno identificabili a consegnare i documenti a Gianluigi Nuzzi e a Emiliano Fittipaldi sarebbe però utile che gli esperti (tutti dediti ad esprimere “meraviglia” per cose che sapevano bene quando facevano la fila per essere ammessi alla corte di Francesca Immacolata Chaouqui: basta guardare la lista degli “amici” sul suo sito facebook) rileggessero “Via col vento in Vaticano”. Il libro, pubblicato nel 1999, era uscito a firma di un misterioso gruppo “I Millenari”, ma dopo tre mesi si scoprì che l’autore era l’anziano e malato monsignor Luigi Marinelli, un mite lavoratore di curia disgustato da quanto vedeva e che per la sua denuncia venne persino schiaffeggiato da un vescovo.

I documenti utilizzati per “Via crucis”, il libro di Nuzzi, e “Avarizia”, l’inchiesta di Fittipaldi, seguono ancora i fili di quel perverso intreccio descritto dal buon Marinelli. Dopo 16 anni la tela non è ancora stata strappata, nonostante la mite ma ferma determinazione di Benedetto XVI e le unghiate di Papa Francesco; ben vengano dunque libri ed inchieste, saranno “disdicevoli”, ma certamente utili. E magari, invece di gridare allo scandalo, i bene intenzionati potrebbero dare una mano a coloro che affrontano queste fatiche giornalistico-letterarie. Così Nuzzi avrebbe evitato di attribuire a monsignor Giuseppe Sciacca fatti avvenuti al momento della morte di monsignor Principe, che abitava in altro immobile; avrebbe appreso che il conto Ior destinato al Papa si chiama “Appartamento”, e non è nominale; e che sparare su monsignor Franco Camaldo è come farlo sulla croce rossa: in Vicariato, ai tempi di Poletti, contava come il due di coppe quando briscola è bastoni. Fittipaldi, poi, avrebbe avuto modo di chiedere a qualcuno perché Propaganda Fide ha affittato immobili ai fratelli Maurizio e Sabatino Stornelli anche quando erano in carcere (come firmavano i contratti?) appartamenti di pregio trasformati in bed and breakfast, con stanze arredate con broccati e finti ritratti di papi e cardinali frequentate da persone che vi alloggiano per due-tre ore. E non per ammirare il cupolone.