Il ruolo delle donne/ Vaticano, si dimette paladina anti-pedofili: «La Curia non aiuta»

di Lucetta Scaraffia
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Giovedì 2 Marzo 2017, 00:50
Non è una buona notizia quella delle dimissioni di Marie Collins dalla Pontificia commissione per la tutela dei minori. Motivate seccamente dalla «vergognosa mancanza di cooperazione da parte del dicastero più direttamente coinvolto nell’affrontare i casi di abuso». 

E cioè la Congregazione per la dottrina della fede. Collins faceva parte della commissione nella duplice veste di esperta e di vittima, quando era bambina, di abusi da parte di un sacerdote. Su invito del cardinale O’Malley però ha accettato di continuare a collaborare alle iniziative che la Chiesa prenderà per l’educazione dei suoi membri su questo problema.

Non è usuale dare la dimissioni da una commissione pontificia, quindi da un ruolo importante nella Chiesa – ricoperto raramente da una donna, poi – e ancor meno rendere pubbliche le ragioni in modo esplicito, senza usare quel linguaggio velato e quasi indecifrabile al quale di solito si ricorre in queste circostanze. Ed è una presa di distanza netta con un metodo, quello delle mille mediazioni, degli infiniti temporeggiamenti, al quale spesso nella Chiesa si è adusi, che tende a sgonfiare le questioni prima ancora che vengano affrontate, a eliminare i dibattiti per estenuazione delle parti prima che uno dei contendenti possa prevalere sull’altro.

Non è un caso che sia stata una donna a rompere questo collaudato meccanismo, al quale più o meno si adeguano tutti quelli che entrano a far parte di istituzioni ecclesiastiche. Le donne infatti non sono abituate da secoli a mediare, temporeggiare, traccheggiare, per mantenersi in quella piccola zona di potere nella quale sono state cooptate. Le donne vogliono di più, ignorano i meccanismi troppo ben oliati e guardano al sodo. In questo modo scompaginano gli assetti di potere, fanno emergere la verità in modo anche brusco, ma salutare.

Così è avvenuto anche in Francia, dove una giornalista del quotidiano cattolico “La Croix” originaria di Lione, Isabelle de Gaulmyn, ha avuto il coraggio di scrivere un libro denuncia degli abusi di un famoso prete della città facendo nomi e cognomi non solo delle persone coinvolte, ma anche di chi ha taciuto. Comprese alte cariche ecclesiastiche. Ha potuto farlo perché ha rovesciato le regole che in genere dominano i libri di questo tipo: non si è limitata alla denuncia, ma si è coinvolta personalmente, raccontando come lei stessa si sentisse colpevole di non avere voluto vedere, di avere preferito ignorare voci e sospetti.

In questo modo la sua denuncia del silenzio e del depistaggio da parte di alti esponenti del clero non è sembrata solo un atto sovversivo, o peggio animato da una ostilità preesistente, ma una chiamata a correo intrisa di sofferenza condivisa. Così il suo libro ha provocato finalmente una profonda autocritica all’interno della conferenza episcopale francese, i vescovi coinvolti hanno chiesto scusa, ed è stato approntato un libretto di linee guida per i sacerdoti che prescrivono una severa condotta nei confronti dei colpevoli.
Proprio per questa libertà molte donne sono guardate con sospetto all’interno della Chiesa. Quando invece possono finalmente far entrare aria nuova, con coraggio e amore della verità.
 
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