Uno strumento di successo, oggi considerato fondamentale, anche se sui primi cinguettii di un pontefice, ha ricordato Celli, si è consumata una battaglia epica, un braccio di ferro senza pari, in silenzio e dietro le quinte; da una parte c'era monsignor Celli e coloro che ritenevano naturale l’utilizzo di uno strumento di comunicazione come quello, dall’altra alcuni cardinali di curia (non ha voluto fare nomi), piuttosto old fashon e refrattari ad ogni tipo di innovazione. «Ricordo bene il momento in cui decidemmo di fare entrare Benedetto XVI su Twitter. Era il 2012. Poco tempo dopo il Papa fu coperto da insulti e frasi ingiuriose.
Alcuni cardinali mi chiesero, perché avete esposto il Papa a questo? Erano decisi a toglierlo da Twitter. Ho vissuto momenti di profonda sofferenza per diversi motivi. Penso che qualcuno voleva che arrivassimo a chiudere l’account @Pontifex, così andai con altri collaboratori da Papa Ratzinger per chiedergli cosa volesse fare, se restare oppure uscire. Lui si mostrò sereno come sempre e assai determinato: desidero essere laddove comunicano gli uomini e le donne del nostro tempo».
Nel 2012 quando fu registrato Papa Ratzinger sulla piattaforma del social, faceva parte di una strategia di diffusione e miglioramento dell’immagine e del messaggio della Chiesa cattolica nel mondo. Il successore Papa Francesco ha mantenuto l’account @Pontifex: ogni anno aumentano senza sosta coloro che lo seguono, gli rispondono, interagiscono. L’ingresso in Twitter è stata una specie di rivoluzione paragonabile a Gutenberg, anche se i primi mesi hanno registrato un profluvio di frasi volgari e ingiuriose contro la Chiesa, la fede, il Vaticano, il Papa. Fu proprio monsignor Celli a insistere: il Papa non doveva scappare da Twitter. Dopo tre anni la strategia di Celli è risultata vincente. Oggi @Pontifex, è declinato in nove lingue, ha raggiunto quota 30 milioni di follower.
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