Politica vaticana/È una mossa che guarda al Terzo mondo

di Massimo Teodori
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Martedì 22 Novembre 2016, 00:05
Verrebbe voglia di scrivere che era prevedibile la presa di posizione “misericordiosa” e “liberale” con cui papa Francesco dispone che tutti i sacerdoti possono assolvere in confessione i responsabili del peccato di aborto, compresi i medici e gli infermieri. 
La chiesa cattolica, prima o poi, finisce sempre per prendere atto di ciò che sorge dalla società laicizzata, in altre parole da ciò che chiamiamo “modernità”. Dopo anni di polemiche tra integralisti e liberali, le democrazie occidentali hanno cancellato il reato di interruzione volontaria della gravidanza.

E lo hanno sostituito con leggi che ne legalizzano le modalità di esecuzione, restituendo alle donne il diritto di decidere quel che riguarda il loro corpo. In Italia, alla fine degli anni settanta del ‘900 la legge 190 ha regolato la materia, mettendo fine a una congerie di pratiche incivili e illegali.
Parallelamente, se pure con le sue regole, la chiesa di papa Francesco è oggi arrivata allo stesso risultato, non già rinnegando in dottrina la gravità del peccato di aborto, ma allargando le braccia misericordiose per accogliere chi chiedendo perdono con la confessione vuole restare nella religione dei padri.
La strada intrapresa da Francesco non poteva che condurre a una tale conclusione. Con l’attenzione quotidiana agli ultimi della terra, dopo l’apertura agli omosessuali, e dopo la visita agli ex-preti sposati, una chiesa che prende atto del nostro tempo perdona anche coloro che peccano gravemente con la soppressione di una vita in nuce. Siamo così ben lontani dall’arcigno monito che Pio XII rivolse negli anni ’50 del Novecento alle ostetriche italiane in nome della chiesa tridentina. 

Con un atto così rilevante dentro e fuori dalla chiesa, papa Francesco si rivolge all’intera cattolicità che oggi è numerosa e intensa soprattutto nei continenti extraeuropei, in special modo America latina e Africa. Continenti nei quali l’aborto è largamente praticato a causa della povertà, delle malattie e della condizione umana soggetta ad un alto tasso di natalità senza il limite del controllo delle nascite praticato in Europa e Nordamerica.

Avere preso atto che non si potevano lasciare fuori dalla chiesa da peccatrici milioni di povere donne che per una qualche ragione abortiscono, non è stato tanto una riforma teologico-dottrinaria quanto un’abile mossa di politica religiosa rivolta alle masse che d’ora innanzi costituiranno la spina dorsale del cattolicesimo universale.
Il laico estraneo ai labirinti teologici che si dipanano dalla sapienza millenaria della chiesa non può che rallegrarsi del modo in cui il papa gesuita ha sciolto efficacemente un nodo che con la scomunica del codice canonico relegava ai margini della comunità dei fedeli le donne che pure avrebbe voluto seguitare a farne parte.

Che si sia religiosi o laici, credenti o non credenti, è sempre un fatto positivo che nessun essere umano venga messo fuori dalla legge civile o religiosa. Dopo l’atto coraggioso del papa per una chiesa totalmente inclusiva, ora dovranno ripensare la loro funzione i molti medici e infermieri che hanno fatto obiezione di coscienza, non sempre per ragioni di fede, lasciando sguarniti molti ospedali nelle zone più povere del Paese.
Ancora una volta dobbiamo inchinarci alla saggezza di papa Francesco.
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