Papa Francesco: bisogna farsi prossimi dei rifugiati, ce lo chiede Dio

Papa Francesco: bisogna farsi prossimi dei rifugiati, ce lo chiede Dio
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Domenica 14 Agosto 2016, 17:24 - Ultimo aggiornamento: 15 Agosto, 14:22
Farsi «prossimi» di chi soffre, di chi è nel bisogno, in particolare dei profughi, dei rifugiati: è questo il «fuoco», alimentato direttamente dallo Spirito Santo, che deve ardere nel cuore del cristiano. No, quindi, ai «cristiani freddi, tiepidi». No anche a una Chiesa fatta «di burocrati e di diligenti funzionari». Servono piuttosto «missionari appassionati», animati dal coraggio, dall'ardore e dalla «prossimità», e capaci di «commuoversi e sostare dinanzi ai disagi e alle povertà materiali e spirituali». È il messaggio lanciato oggi dal Papa all'Angelus, durante il quale ha rinnovato ancora il suo costante appello all'accoglienza e all'aiuto verso chi chiede rifugio.

«Nell'adempimento della sua missione nel mondo - ha detto Francesco ai fedeli in Piazza San Pietro -, la Chiesa, cioè tutti noi, ha bisogno dell'aiuto dello Spirito Santo per non lasciarsi frenare dalla paura e dal calcolo, per non abituarsi a camminare entro i confini sicuri». Questi due atteggiamenti, ha spiegato, «portano la Chiesa ad essere una Chiesa funzionale, che non rischia mai». Invece, «il coraggio apostolico che lo Spirito Santo accende in noi come un fuoco ci aiuta a superare i muri e le barriere, ci rende creativi e ci sprona a metterci in movimento per camminare anche su strade inesplorate o scomode, offrendo speranza a quanti incontriamo». Secondo il Pontefice, «con questo fuoco della Spirito Santo siamo chiamati a diventare sempre più comunità di persone guidate e trasformate, piene di comprensione, dal cuore dilatato e dal volto gioioso». «Più che mai oggi - ha avvertito - c'è bisogno di sacerdoti, di consacrati e di fedeli laici, con lo sguardo attento dell'apostolo, per commuoversi e sostare dinanzi ai disagi e alle povertà materiali e spirituali, caratterizzando così il cammino dell'evangelizzazione e della missione con il ritmo sanante della prossimità».

E qui il suo forte richiamo a tutta la comunità ecclesiale. «C'è proprio il fuoco dello Spirito Santo che ci porta a farci 'prossimi degli altri: delle persone che soffrono, dei bisognosi; di tante miserie umane, di tanti problemi; dei rifugiati, dei profughi... di quelli che soffrono. Questo fuoco che viene dal cuore». Bergoglio ha detto di pensare «con ammirazione» soprattutto «ai numerosi sacerdoti e religiosi che, in tutto il mondo, si dedicano all'annuncio del Vangelo con grande amore e fedeltà, non di rado anche a costo della vita».

«La loro esemplare testimonianza - ha sottolineato - ci ricorda che la Chiesa non ha bisogno di burocrati e di diligenti funzionari, ma di missionari appassionati, divorati dall'ardore di portare a tutti la consolante parola di Gesù e la sua grazia». «Questo è il fuoco dello Spirito Santo - ha aggiunto -: se la Chiesa non riceve questo fuoco o non lo lascia entrare in sé diventa una Chiesa fredda o soltanto tiepida, incapace di dare vita perché è fatta da cristiani freddi e tiepidi».

Ribadendo infine, prima della preghiera mariana, come lo Spirito Santo sia «fuoco divino che riscalda i cuori e ci aiuta ad essere solidali con le gioie e le sofferenze dei nostri fratelli», Francesco ha chiesto che «ci sostenga nel nostro cammino l'esempio di San Massimiliano Kolbe, martire della carità, di cui oggi ricorre la festa: egli ci insegni a vivere il fuoco di amore per Dio e per il prossimo».
Proprio il santo francescano morto ad Auschwitz nella cui cella il Papa ha sostato in preghiera durante il suo recente viaggio in Polonia. «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia», ha quindi detto ai tanti giovani in piazza ripetendo il tema della Gmg di Cracovia: «sforzatevi di perdonare sempre e abbiate un cuore compassionevole».
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