Al Milan, per esempio, il Papa disse: «Siate campioni dello sport, ma siate anche campioni nella vita». Alla Roma, con un Totti emozionatissimo, affidò il compito di portare alta la bandiera della solidarietà. Totti uscendo dalla udienza disse che era stata una giornata indescrivibile. Bergoglio ha voluto poi conoscere la Lazio, la Juve, la Fiorentina e naturalmente il San Lorenzo, la squadra di Buenos Aires che da sempre occupa un posto di primo piano nel suo cuore. Alla nazionale tedesca chiese, invece, di essere un esempio di spirito di squadra, e quando vide Maradona in aula Paolo VI si illuminò: «Ti aspettavo». El Pibe de oro lo abbracciò con talmente trasporto che i monsignori che seguivano il pontefice rimasero un po' interdetti.
Stamattina il Papa ha raccomandato agli atleti del Villareal di «stare con i piedi per terra, ricordando cioè le origini di ciascuno e la fatica fatta per arrivare a questi livelli. Questa memoria - ha spiegato - ci fa bene, ma non per sentirsi superiori quanto per essere consapevoli del fatto che siamo parte di una grande squadra che ha cominciato a formarsi gia’ per tempo. Sentire in questo modo ci aiuta a crescere come persone, perche’ il nostro ’gioco’ - ha osservato - non e’ solo nostro, ma anche quello degli altri, che in qualche modo sono parte della nostra vita».
Per il Papa, infatti, la dimensione della gratitudine, cioè’ il saper dire grazie e’ uno degli «elementi centrali del gioco del calcio» Francesco ha parlato agli atleti del Villareal anche del ruolo dei non calciatori, figure che pero’ sono determinanti per la vittoria: allenatori, assistenti e anche i tifosi che con la loro presenza vi incoraggiano in ogni partita. «D’altra parte, quando si gioca a calcio bisogna allo stesso tempo educare e trasmettere valori. Molte persone, soprattutto giovani, vi ammirano e vi guardano. Questa e’ una responsabilità’ e dovrebbe motivarvi a dare il meglio voi stessi».
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