«Entrare nel mistero», «ascoltare il silenzio» e «non fuggire davanti ai problemi». «Cercare risposte non banali a ciò che mette in crisi la fede, la fedeltà e la ragione». Non aver «paura della realtà» e vincere «pigrizia» e «indifferenza».
Così, per il Papa, si vince il dolore e la paura, come insegnano le «donne discepole di Gesù» che dopo una notte angosciosa seguita alla morte del Cristo, mentre i discepoli restano chiusi nel Cenacolo, escono e vanno al sepolcro, mosse dall'amore. «Entrare nel mistero» è la chiave meditativa che papa Francesco ha scelto per la veglia pasquale, rito centrale nel cristianesimo perchè ne rivive l'evento fondativo, la resurrezione. Ma il Papa cattolico, con la sua preghiera e la sua ricerca di senso al dolore e alla paura, si pone idealmente a fianco di ogni uomo, credente e non, messo di fronte al dolore, all'angoscia della morte, alle paure quotidiane. Lo fa nella Pasqua del 2015, quando cronaca e storia ancora una volta raccontano di violenze oscene dell'uomo sull'uomo in ogni parte del mondo, e quando in particolare la strage dei ragazzi cristiani in Kenya rende difficile la gioia cui sempre il Papa fa riferimento.
La veglia pasquale è rito antichissimo e suggestivo, che ruota sui due elementi dell'acqua - per questo si battezzano i catecumeni - e del fuoco.
La luce simboleggia la vita che vince il buio della morte e per questo Papa e fedeli sono entrati nella basilica immersa nel buio, e che è stata illuminata solo dopo che è stato intonato per tre volte il «Lumen Christi». Il Papa ha celebrato con 40 cardinali, 30 vescovi e 350 preti. Sono state lette o cantate tre letture, una epistola, il vangelo, quattro salmi, in francese, spagnolo, inglese, italiano e latino. Papa Francesco nell'omelia ha preso le mosse dal desiderio delle donne, la mattina dopo la morte di Gesù, di entrare nel sepolcro per ungere il corpo del maestro, e dei sentimenti di dubbio e titubanza che le animavano. «'Entrate nel sepolcro. Ci fa bene, - ha commentato papa Francesco - in questa notte di veglia, fermarci a riflettere sull'esperienza delle discepole di Gesù, che interpella anche noi». «Non si può vivere la Pasqua - ha osservato - senza entrare nel mistero. Non è un fatto intellettuale, non è solo conoscere, leggere? È di più, è molto di più!. 'Entrare nel misterò - ha proseguito - significa capacità di stupore, di contemplazione; capacità di ascoltare il silenzio e sentire il sussurro di un filo di silenzio sonoro in cui Dio ci parla. Entrare nel mistero - ha rimarcato - ci chiede di non avere paura della realtà: non chiudersi in sè stessi, non fuggire davanti a ciò che non comprendiamo, non chiudere gli occhi davanti ai problemi, non negarli, non eliminare gli interrogativi?». «Entrare nel mistero - ha detto ancora - significa andare oltre le proprie comode sicurezze, oltre la pigrizia e l'indifferenza che ci frenano, e mettersi alla ricerca della verità, della bellezza e dell'amore, cercare un senso non scontato, una risposta non banale alle domande che mettono in crisi la nostra fede, la nostra fedeltà e la nostra ragione».
«Per entrare nel mistero - ha spiegato papa Francesco - ci vuole umiltà, l'umiltà di abbassarsi, di scendere dal piedestallo del nostro io tanto orgoglioso, della nostra presunzione; l'umiltà di ridimensionarsi, riconoscendo quello che effettivamente siamo: delle creature, con pregi e difetti, dei peccatori bisognosi di perdono. Per entrare nel mistero ci vuole questo abbassamento che è impotenza, svuotamento delle proprie idolatrie? adorazione. Senza adorare non si può entrare nel mistero».