«Ho cercato di fare tutto il possibile e sono soddisfatto di avere portato la posizione di Papa Pacelli allo stadio di Venerabile, curandone ogni aspetto. Adesso attendiamo solo che avvenga un miracolo e poi il Papa se vorrà lo proclamerà beato. Finalmente». Sarajva Martins non fa mistero del pressing negativo. «Una volta, quando ero acnora prefetto alla Congregazione, l’ambasciatore israeliano presso la Santa Sede di allora mi volle vedere e mi espresse le sue perplessità. Mi chiese di lasciare perdere».
Di dubbi in merito alla fama di santità di Pacelli il cardinale ne ha ben pochi. «Ho studiato a fondo la sua vita. Ha fatto di tutto per aiutare gli ebrei e i perseguitati. Il vaticano era pieno e anche Castel Gandolfo. Fece aprire le porte dei conventi. Lo accusano di avere taciuto ma senza tenere conto degli effetti che le sue parole avrebbero avuto sui conventi, sulle chiese, sui monasteri. Hitler lo detestava. La questione va storicizzata e vanno studiati i documenti. Cosa che io ho fatto e posso parlare con cognizione di causa. Pio XII era un santo».
Il cardinale nei giorni scorsi ha partecipato alla presentazione dell’ultimo documento di Papa Francesco sulla santità. «Alla Congregazione ho seguito l’iter di più di mille santi. Tutti sono stati accompagnati con la medesima attenzione e accuratezza, non esistono santi che si preferiscono ad altri. L’iter è davvero rigoroso. Naturalmente ogni causa è differente dall’altra anche se le norme da rispettare sono le medesime. Tuttavia una santa che a me ha sempre emozionato è suor Bakhita, una suora sudanese che nella seconda metà dell’Ottocento fu venduta come schiava e alla fine finì a casa del console italiano che la aiutò e la fece arrivare in Italia dove divenne suora, morendo in Veneto in odore di santità. L’iter dei santi o dei beati passa sempre attraverso diverse tappe e allo studio di tre commissioni, una storica, una teologica e una consulta sanitaria dove partecipano oltre 70 medici per analizzare le guarigioni scientificamente inspiegabili”.
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