Intervista a Papa Franceco: «Basta ghetti e muri, adesso l'Europa rispetti i migranti»

Intervista a Papa Franceco: «Basta ghetti e muri, adesso l'Europa rispetti i migranti»
di Franca Giansoldati
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Sabato 16 Aprile 2016, 12:31 - Ultimo aggiornamento: 18 Aprile, 18:33

dal nostro inviato

Da bordo dell'aereo papale la hostess sposta le tende divisorie dei due settori. Da una parte c'è la stampa internazionale, dall'altra il seguito papale. Sul volo di ritorno da Lesbo ci sono 12 passeggeri in più. Tre famiglie musulmane, siriane, che Papa Francesco riporta a Roma con sé, come rifugiati, d'accordo con le autorità greche e italiane. «Avevano le carte in regola». 

 


Bergoglio appare ancora scombussolato per la visita al campo di Moria. «E' stata per me troppo forte emotivamente». Che ne pensa dell'accordo Ue-Turchia per il rimpatrio dei migranti?
«Prima di tutto vorrei dire che non c'è alcuna speculazione politica dietro la decisione umanitaria di portare in Vaticano tre famiglie siriane. Mi è venuta una ispirazione una settimana fa, su suggerimento di un mio collaboratore e ho accettato subito. Rientra nello spirito umanitario. Le cose sono state fatte in regola con le autorità greche e italiane. Loro arrivano con i documenti. Sono a carico del Vaticano e tutto si è realizzato con la collaborazione di Sant'Egidio. In Vaticano sono ospitate già due famiglie siriane». Alla fine si è incontrato con Sanders, ci può dire qualcosa? «Quando sono uscito stamattina mi sono trovato lì il senatore. Sapeva che uscivo a quell'ora e mi ha aspettato per salutarmi. È stato un saluto. Alloggiava a Santa Marta e quando sono sceso lo ho salutato; niente di più. Questa si chiama educazione da non mischiare con altro. Se qualcuno pensa che fare un saluto sia immischiarsi in politica, beh, farebbe meglio a trovare uno psichiatra».

Perché si porta a Roma tre famiglie musulmane e non tre famiglie cristiane?
«Non ho fatto una scelta tra cristiani e musulmani, erano tre famiglie che avevano le carte in regole e si poteva fare. Vi erano anche altre due famiglie cristiane che però non avevano le carte in regola. Ricevere accoglienza non è un privilegio, tutti sono figli di Dio».

Lei parla molto di accoglienza ma poco di integrazione. Gli immigrati musulmani sono quelli che fanno più fatica ad integrarsi con i valori occidentali. Lei non pensa che sia meglio privilegiare l'immigrazione cristiana?
«A proposito di integrazione. Esiste una parola che la nostra cultura sembra essersi dimenticata dal dopoguerra; oggi esistono i ghetti, dai quali sono arrivati alcuni dei terroristi che si sono macchiati di atti terribili. Alcuni sono figli di immigrati di seconda generazione. Cosa è successo? Che non c'è stata una politica di integrazione. E questo per me è fondamentale. Oggi l'Europa deve riprendere questa capacità. C'è bisogno. Del resto in passato è arrivata gente che si è integrata bene».

Si parla di fili spinati e barriere, è la fine di Schengen e del sogno europeo?
«Io capisco quei popoli che manifestano una certa paura di fronte al fenomeno dell'immigrazione. I muri non sono mai una soluzione. Ne abbiamo già visto cadere uno. Non servono a niente. Dobbiamo costruire ponti, ma i ponti si fanno con dialogo e integrazione; io capisco un certo timore, ma chiudere le frontiere non risolve niente. Perché quella chiusura alla lunga fa male al proprio popolo, e l'Europa ha bisogno urgentemente di fare politiche per il lavoro e l'economia».

Che cosa la ha colpita nel campo profughi?
«In quel campo di rifugiati c'era da piangere. Ho riportato con me i disegni che mi hanno regalato i bambini. Eccone uno. (Lo alza per mostrarlo a tutti). Ecco cosa vogliono i bambini, la pace. Dentro il campo seguono un corso di educazione, ma le cose che hanno visto se le porteranno dentro. Guardate questo altro disegno. (Mostra un secondo foglio). Hanno visto un bambino annegare. Oggi c'era da piangere davvero. Lo stesso disegno lo ho fatto quest'altro bambino afgano. La memoria di questi piccoli è segnata e ci vorrà tempo. Ecco un altro disegno. Questo sole piange. Io penso che una lacrima ci farà bene».

Lei invita all'accoglienza, ma l'Europa potrà mai raccogliere tutta lamiseria delmondo?
«Oggi nel mio discorso ho detto che alcuni fuggono dalle guerre e altri dalla fame. Tutti e due sono effetto di sfruttamento. Sfruttamento della terra: mi diceva un capo di governo dell’Africa che come prima decisione del suo governo puntò sulla riforestazione, perché la terra era diventata morta per lo sfruttamento delle foreste. Si devono fare opere buone sia per chi fugge la guerra sia per chi fugge la fame. Io inviterei i trafficantidi armi - in Siria per esempio, chi dà le armi a diversi gruppi - a passare una giornata in quel campo profughi. Credo che per loro sarebbesalutare».

E' un viaggio triste, però 12 persone tornano con lei. Pensa che sia una lezione per tanti governi?
«Una volta chiesero a Madre Teresa: ma perché si sforza tanto e lavora così tanto per aiutare a morire questi ammalati? Quello che lei fa non serve. Lei rispose: è una goccia d'acqua nel mare, ma dopo questa goccia il mare non sarà lo stesso. Un piccolo gesto, certo, ma sono quei piccoli gesti che dobbiamo fare tutti i giorni, tendere la mano a coloro che hanno bisogno».

Siamo venuti in Grecia, un paese di immigrazionema anche di politica economica di austerità. Lei ha un pensiero economico di austerità?
«La parola austerità ha diversi significati: economicamente significa un capitolo di un programma, politicamente un’altra cosa, spiritualmente un’altra cosa. Quando io parlo di austerità mi riferisco al confronto con lo spreco. Ho sentito dire alla Fao che con il cibo sprecato si potrebbe risolvere la fame nel mondo e noi a casa nostra quanti sprechi facciamo senza volerlo! È questa cultura dello scarto e dello spreco. Austerità la dico in senso cristiano».

E' uscita da poco l'esortazione Amoris Laetitia. Ci può dire se davvero è cambiato qualcosa a proposito della dottrina e dei divorziati risposati?
«Posso dire di sì ma sarebbe una risposta breve. Sicché raccomando di leggere la presentazione che ha fatto il cardinale Schoenborn, che è un grande teologo. In quella presentazione si troverà la risposta. In ogni caso, se posso aggiungere una cosa, i media hanno dato troppa rilevanza alla questione della comunione ai divorziati risposati. Un po' mi ha dato tristezza perché non ci si accorge che quello non è il problema importante, non ci si accorge che la famiglia che è la base della società è in crisi, non ci si accorge che i giovani non vogliono sposarsi, non ci si accorge del calo di natalità in Europa, non ci si accorge della mancanza di lavoro, né delle difficoltà di conciliare il lavoro di tanti genitori. Questi sono i grandi problemi». 

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