Papa Francesco a Medellin: «Dio converta i cuori dei narcos»

Papa Francesco a Medellin: «Dio converta i cuori dei narcos»
di franca Giansoldati
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Sabato 9 Settembre 2017, 18:52 - Ultimo aggiornamento: 10 Settembre, 21:45

Medellin (Colombia) Papa Francesco piange le vittime della droga, vite distrutte, un «luttuoso corteo». Chiede di pregare anche per i narcos, «perchè Dio converta i loro cuori». Troppe esistenze sono state bruciate dalla cocaina. Nella città di Medellin parla col cuore in mano alla Chiesa colombiana ma il messaggio è rivolto anche al resto del continente e, naturalmente, in Europa. In un intermesso fatto a braccio, all'interno di un lungo discorso, parla anche del coraggio di cambiare le cose. «Il rinnovamento non deve farci paura». Basta tenere le porte sempre aperte.

Rinnovarsi è un concetto che in questi quattro giorni di viaggio è stato declinato in diversi modi, soprattutto per spronare i cattolici a perdonare, a voltare pagina, a creare un orizzonte di vita nuovo. In Colombia il discorso va applicato ai cinque decenni di guerriglia che un processo di democratizzazione in corso - siglato con l'accordo tra governo e i guerriglieri delle Farc – potrebbero definitivamente essere archiviati. Una sfida per tutti, principalmente per chi crede in Dio.

Davanti ad un milione di persone, nella città di Medellin, Bergoglio ricorda l'atteggiamento di Cristo davanti ai dottori della legge. «Li scuoteva perché uscissero dalla loro rigidità, ora anche la Chiesa è scossa dallo Spirito perché lasci le sue comodità e i suoi attaccamenti. Il rinnovamento non deve farci paura. La Chiesa è sempre in rinnovamento – Ecclesia semper reformanda». In cosa si concretizza il rinnovamento è la capacità di generare riforme sociali per rispondere al “grido di fame e sete di giustizia” della società. «Tutto questo ci interpella e ci impone risposte nuove. E in Colombia ci sono tante situazioni che chiedono ai discepoli lo stile di vita di Gesù, particolarmente l’amore tradotto in atti di nonviolenza, di riconciliazione e di pace».

La terza parola sulla quale si concentra Papa Francesco è coinvolgersi, che non significa sporcarsi, macchiarsi. «Come Davide e i suoi che entrarono nel tempio perché avevano fame e i discepoli di Gesù entrarono nel campo di grano e mangiarono le spighe, così oggi a noi è chiesto di crescere in audacia, in un coraggio evangelico che scaturisce dal sapere che sono molti quelli che hanno fame, fame di Dio, fame di dignità». Il freddo attaccamento a norme e leggi, «non portano a un cambiamento reale di vita». Bisogna metterci il cuore, proprio come ha fatto una signora di 61 anni, una vedova che ha raccontato ieri la sua vicenda emblematica delle sofferenze collettive. Vittime e carnefici. Pastora Mira García ha spiegato che quando sua figlia aveva solo due mesi i paramilitari governativi hanno ucciso il suo primo marito. Successivamente nel 2001 gli hanno fatto sparire la figlia. Riuscì a trovare il suo corpo solo dopo averlo pianto per sette anni. «Tutta questa sofferenza – ha raccontato - mi ha reso più sensibile al dolore degli altri, e dal 2004 lavoro con le famiglie delle vittime delle sparizioni e con gli sfollati».  

Ma la tragedia familiare di Pastora non era ancora finita. «Nel 2005, i paramilitari del Bloque Héroes de Granada, hanno assassinato mio figlio minore Jorge Anibal. Tre giorni dopo averlo sepolto, ho aiutato un giovane ferito e l’ho messo a dormire nella camera che era di mio figlio. Al momento di andarsene ha visto le sue foto e mi ha detto di essere uno dei suoi assassini”. Una capacità di perdonare e di andare avanti che non è da tutti.

Francesco visita una Colombia spaccata in due come un melone, dove la metà della popolazione sostiene l’accordo di pace con le Farc e quasi l’altra metà è favorevole all’ex presidente Uribe, che questo processo avversa.

Il tema che ora tutti dovranno affrontare è la questione dei risarcimenti. Per ora le Farc hanno chiesto perdono, ma non hanno in nessuna maniera rimborsato le vittime. Dagli accordi risulta che il partito delle Farc, guidato da ex guerriglieri, avrà dieci seggi fissi in Parlamento fino al 2026 più quelli che riusciranno a conquistare nelle prossime elezioni. 

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