Per Jorge Mario Bergoglio «non si può conservare la dottrina senza farla progredire, né la si può legare a una
lettura rigida e immutabile, senza umiliare l’azione dello Spirito Santo. ’Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri’, ’non cessa di parlare con la Sposa del suo Figlio’. Questa voce siamo chiamati a fare nostra con un atteggiamento di ’religioso ascolto’, per permettere alla nostra esistenza ecclesiale di progredire con lo stesso entusiasmo degli inizi, verso i nuovi orizzonti che il Signore intende farci raggiungere".
Sulla pena di morte, infine, dal Papa è arrivato un importante distinguo. «Per quanto grave possa essere stato il reato commesso, la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona» pertanto «dovrebbe trovare nel Catechismo della Chiesa Cattolica uno spazio più adeguato e coerente con queste finalità espresse».
Nella versione vigente del Catechismo si legge che «l’insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell’identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l’unica via praticabile per difendere efficacemente dall’aggressore ingiusto la vita di esseri umani. Se, invece, i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall’aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone, l’autorità si limiterà a questi mezzi, poiché essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona umana». Ora il Papa punta ad un cambiamento per escludere categoricamente il ricorso alla pena capitale.
«Purtroppo, anche nello Stato Pontificio si è fatto ricorso a questo estremo e disumano rimedio, trascurando il primato della misericordia sulla giustizia», ha detto Francesco. «Assumiamo le responsabilità del passato, e riconosciamo che quei mezzi erano dettati da una mentalità più legalistica che cristiana».
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