Ivanka Trump a Sant'Egidio, Riccardi: una persona vera, ha pianto dalla commozione

Ivanka Trump mentre lascia la comunità di Sant'Egidio
di Marina Valensise
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Mercoledì 24 Maggio 2017, 20:00 - Ultimo aggiornamento: 20:01
Il programma prevedeva una visita di 50 minuti, ma Ivanka Trump è rimasta nella sede della comunità di Sant’Egidio per un’ora e mezzo. «Da trent’anni Sant’Egidio è un crocevia di gente di ogni tipo che s’incontra con i poveri del mondo e le loro domande» dice il fondatore Andrea Riccardi. «La figlia del presidente americano era interessata al problema del traffico di esseri umani, che ha assunto proporzioni immense con 25 milioni di persone e più di 5 milioni di persone trafficate per motivi sessuali. E il sottotesto implicito era il tema dei rifugiati, lo sfruttamento dei fenomeni migratori e dunque anche il famigerato muro».

Che impressione le ha fatto Ivanka Trump?
«Buona, quella di una giovane sveglia, informata, desiderosa di conoscere e capire sia l’aspetto umano sia quello legislativo».

A Trastevere ha avuto non uno, ma due incontri?
«Sì. Nel primo ha insistito sul dialogo interreligioso e sul viaggio a Roma, a seguito del padre, un viaggio concreto e politico, ma con una sua valenza simbolica. Era interessata al metodo di Sant’Egidio, che consiste nel lavorare sulle due sponde, sia in Africa dove le nostre comunità sono presenti in 25 paesi e lavorano sulla strada, con gente comune, donne e bambini, a cominciare dalla registrazione anagrafica, “BRAVO”, per impedire che bambini fantasmi siano venduti o espiantati per il traffico degli organi. Poi ha insistito sull’esperienza di dialogo con le grandi religioni che la comunità di Sant’Egidio persegue dagli anni Ottanta. Voleva capire in che modo i leader religiosi possano avere una ricaduta sociale. E la nostra risposta è stata sul tema dell’esclusione, sull’importanza dell’inclusione e sul ruolo della pace».

E il secondo incontro?
«E’ stato a porte chiuse e riservato alle donne. Ivanka Trump ha incontrato alcune persone della comunità come Daniela Pompei e Monica Attias, che hanno strappato molte donne dai marciapiedi, costruendo dei rapporti, facendole studiare, aiutandole a trovare un’altra vita, e una quindicina di nigeriane che hanno raccontato l’esperienza della tratta vissuta in prima persona, giurando in una bara al trafficante, prostituendosi in cambio della promessa di un lavoro. Ha anche ascoltato un’eritrea che si occupa di uomini in fuga, e vittime dei trafficanti di organi. Da quanto ho saputo, è stata una riunione di intensa commozione. Le donne raccontavano le loro storie drammatiche e piangevano. E anche Ivanka Trump ha pianto. Quando è uscita, l’ho vista davvero toccata».

Ha fatto una donazione a Sant’Egidio?
«No. Non le è stato chiesto nessun aiuto. Ma ha ricevuto tre regali: un ramoscello di olivo, come simbolo del lavoro per la pace, l’autobiografia di una donna africana che si è liberata dallo stigma dell’aids per dedicarsi alla cura degli altri e un commentario al libro biblico di Ruth, perché in fondo è anche la sua storia».

In che senso quella di Ruth è anche la sua storia?
«È la storia di una donna che viene dal mondo dei gentili e arriva all’ebraismo come Ivanka, che si è convertita all’ebraismo al momento del matrimonio con Jared Kushner».

Alla fine, Ivanka ha postato un tweet di apprezzamento sul “lavoro notevole” di Sant’Egidio.
«Davanti ai giornalisti, ha parlato di forza, di fede e di perseveranza contro le avversità, dicendosi pronta a far tesoro dell’esperienza e delle battaglie di tante donne che sono riuscite a cambiare la loro vita. Ha avuto parole di sostegno e apprezzamento. Ho avuto la sensazione di una persona vera, non di una dama di beneficenza in posa».
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