Bufale in Rete, i giovani meno soggetti sono i più istruiti

Bufale in Rete, i giovani meno soggetti sono i più istruiti
di Franca Giansoldati
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Venerdì 27 Gennaio 2017, 18:17 - Ultimo aggiornamento: 28 Gennaio, 14:28
Città del Vaticano - Le bufale in rete? I giovani sono destinati a cascarci se non dispongono di buone basi culturali. Per chi, infatti, ha un titolo di studio basso (e si è fermato alla sola scuola dell’obbligo) la condivisione di un bufala sale al 31,7%, mentre scende al 28% per chi ha un diploma di scuola superiore, e al 24% tra i laureati. I laureati ci cascano di meno e si accorgono di una notizia falsa condivisa da un proprio amico/follower (77,8%, contro 74,6% di chi ha titolo intermedio e 70,4% di chi ha titolo basso). Generalmente dopo una esperienza personale o la diffusione da parte di un amico, il 75,4% degli intervistati dichiara di aver aumentato la sensibilità verso tale tema e l’attenzione verso contenuti sospetti. Ma il problema resta.
 
Nove giovani su dieci, dai 20 ai 34 anni, usano lo smarphone per informarsi, condividere news, chattare su messenger. La rete ormai è una parte integrante della loro vita, il web un mezzo imprescindibile per acquisire informazioni sulla realtà. Da una indagine dell’Istituto cattolico Giuseppe Toniolo su “Diffusione, uso, insidie dei social network”, su un campione di 2182 persone, rappresentativo dei giovani italiani di età 20-34 anni, emerge di come i ragazzi non sempre siano attrezzati a combattere le bugie in rete, notizie false, fatti clamorosamente distorti. Qual è, dunque, il livello di consapevolezza verso questo fenomeno?  La grande maggioranza dei ragazzi percepisce i rischi anche se non sempre è pienamente consapevole della loro portata. Come si difendono, allora, dalle notizie false, spesso incorniciate da contenuti offensivi e discriminatori (“hate speech”), o in provocazioni gratuite e accuse infondate (“trolling”). La grande maggioranza ritiene che  queste pratiche rendano i social più inaffidabili e un luogo meno ospitale. 
 
La quasi totalità dei giovani tra i 20 e i 34 anni usa la rete, la grande maggioranza è presente sui social network. Il 28,5% ammette che gli è capitato di condividere una informazione che poi a scoperto esser falsa.  Al 73,8% degli intervistati è inoltre capitato di accorgersi di bufale pubblicate da amici. La possibilità di cadere in questa trappola è legata alla frequenza di uso dei social e dalla frequenza con cui si condividono news postate da propri contatti o da altre fonti non istituzionali. 55,6% ha smesso di condividere contenuti da contatti con contenuti rivelati come bufale, il 41,7% si è trovato anche a rimuovere contatti dalla propria rete. L’aumento della sensibilità verso il tema sale al 79,1% per i laureati, contro 76,7 e 71,4 rispettivamente di chi ha titolo intermedio e basso.

In generale che cautela usano i ragazzi? L’11,2% non adotta mai nessuna strategia, condivide in modo indiscriminato ritenendo che sia impossibile comunque controllare la veridicità di tutto. Questa accettazione incondizionata è  fortemente legata al titolo di studio. Solo la minoranza (45,4%) di chi ha titolo basso è del tutto contraria alla diffusione indiscriminata, mentre si sale al 63,2% tra chi ha titolo medio e al 66,5% di chi ha titolo alto. Riguardo al come appurare l’attendibilità, ad un estremo c’è il 23,9% del totale del campione che afferma di andare usualmente “a fiuto”, condividendo le notizie che in base ad una sua valutazione personale ritiene fondate o di interesse, all’altro estremo il 38,9% che restringe drasticamente la condivisione alle sole notizie di fonte ufficiale. La maggioranza adotta qualche criterio selettivo intermedio tra tali due estremi, basandosi sull’autorevolezza della fonte (privata o pubblica) che fornisce la notizia o su propria previa verifica dei contenuti.
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