Davos, il cardinale Parolin indica la via per uscire dalla crisi europea: tornare ai padri fondatori

Davos, il cardinale Parolin indica la via per uscire dalla crisi europea: tornare ai padri fondatori
di Franca Giansoldati
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Giovedì 19 Gennaio 2017, 17:43 - Ultimo aggiornamento: 20 Gennaio, 17:50
Città del Vaticano  - L'Europa ha perso l'anima. "Bisogna tornare ai padri fondatori”. Allo spirito di De Gasperi, Schumann, Spinelli, Adenauer. Altrimenti saranno guai per tutti. La crisi europea è stata affrontata a Davos dal cardinale Pietro Parolin, il primo segretario di stato vaticano a partecipare al summit svizzero. In passato da Davos sono passati diversi cardinali, capi di dicasteri, ma mai un Segretario di Stato, e questo a riprova dell’attenzione internazionale che ormai riveste il pontificato di Francesco definito sul  Washington Post il leader morale della sinistra nel mondo . “Innegabile che l’Unione Europea stia vivendo un periodo di crisi – ha detto Parolin - Vorrei sottolineare anzitutto che l’Unione Europea ha portato grandi benefici al continente e non dovremmo dimenticarlo. Ma le difficoltà che stiamo vivendo richiedono di dare nuovamente un’anima all’Europa”. Parolin ripete la frase. Un’anima all’Europa, come volesse sottolineare il bisogno di uscire dagli schemi di un sistema solo meccanicistico, monetario o finanziario. “Il rischio oggi è quello di ridurre la persona soltanto ad una dimensione economica e materiale”.

Secondo Parolin è stato un errore relegare la religione alla sfera privata fino a determinare una sorta di apostasia. Gli stessi Padri fondatori dell’Europa “volevano un’Europa fatta di persone, di idee, di una idea comune, e non soltanto un’Europa fatta di mercati e di economia. In questo senso vorrei anche sottolineare l’importanza della religione: la religione non può essere relegata al privato. Non si tratta soltanto di una dimensione legata ai sentimenti delle persone: la religione ha qualcosa da dire anche sulla scena pubblica. Certamente in dialogo con tutti le altre fedi”. IL collaboratore più vicino a Francesco insiste sul concetto di laicità. “Noi non chiediamo e non pretendiamo certo alcun privilegio per la Chiesa cattolica. Viviamo in una società pluralistica, caratterizzata da tante religioni, ed è importante che le autorità riconoscano il ruolo pubblico che la religione può dare alla vita. In questo senso possiamo anche dire una parola riguardo al terrorismo, specialmente il terrorismo che può essere una espressione del credo religioso: noi pensiamo che sia una chiara manipolazione della religione”.

La crisi attuale collocata in connessione con la perdita di identità religiosa, riporta alla luce il discorso sull'Europa che fece Ratzinger nel 50esimo anniversario della firma dei Trattati di Roma. Il suo giudizio era chiarissimo sul fatto che non si può pensare di edificare un’autentica "casa comune"  trascurando l’identità propria dei popoli del Continente. “Si tratta infatti di un’identità storica, culturale e morale, prima ancora che geografica, economica o politica; un’identità costituita da un insieme di valori universali, che il Cristianesimo ha contribuito a forgiare, acquisendo così un ruolo non soltanto storico, ma fondativo nei confronti dell’Europa. (…)  Non è motivo di sorpresa che l’Europa odierna, mentre ambisce di porsi come una comunità di valori, sembri sempre più spesso contestare che ci siano valori universali ed assoluti? Questa singolare forma di "apostasia" da se stessa, prima ancora che da Dio, non la induce forse a dubitare della sua stessa identità? Si finisce in questo modo per diffondere la convinzione che la "ponderazione dei beni" sia l’unica via per il discernimento morale e che il bene comune sia sinonimo di compromesso. In realtà, se il compromesso può costituire un legittimo bilanciamento di interessi particolari diversi, si trasforma in male comune ogniqualvolta comporti accordi lesivi della natura dell’uomo”.
 
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