Buttiglione nei panni di pompiere, in un articolo sull'Osservatore Romano, precisa che l’Amoris Laetitia non dice affatto “che i divorziati risposati possono tranquillamente ricevere la comunione. Il Papa invita i divorziati risposati a iniziare (o proseguire) un cammino di conversione. Li invita a interrogare la loro coscienza e a farsi aiutare da un direttore spirituale. Li invita ad andare al confessionale a esporre la loro situazione. Invita i penitenti e i confessori a iniziare un percorso di discernimento spirituale. L’esortazione apostolica non dice a che punto di questo percorso essi potranno ricevere l’assoluzione e accostarsi alla eucaristia. Non lo dice perché troppo grande è la varietà delle situazioni e delle circostanze umane”. Spetterà poi al parroco valutare caso per caso e agire in coscienza. Morale: “il cammino che il Papa propone ai divorziati risposati è esattamente lo stesso che la Chiesa propone a tutti i peccatori: va a confessarti e il tuo confessore, valutate tutte le circostanze, deciderà se darti l’assoluzione e ammetterti all’eucaristia oppure no”.
Diversi cardinali e vescovi sostengono che Bergoglio contraddice la grande battaglia di Giovanni Paolo II contro il soggettivismo nell’etica. “Il soggettivismo nell’etica dice che la bontà o la malvagità delle azioni umane dipende dall’intenzione di chi le compie. L’unica cosa di per sé buona al mondo è, per il soggettivismo nell’etica, una buona volontà. Papa Francesco, in perfetta sintonia con il suo grande predecessore, ci dice invece che alcune azioni sono di per se stesse cattive (per esempio, l’adulterio) indipendentemente dalle circostanze che le accompagnano e anche dalle intenzioni di chi le compie. San Giovanni Paolo II non ha mai dubitato, però, che le circostanze influissero sulla valutazione morale di chi compie un’azione, rendendolo più o meno colpevole dell’atto oggettivamente cattivo che commetteva”.
San Giovanni Paolo II ha vietato ai divorziati risposati di ricevere l’eucaristia e invece Papa Francesco dice che in (alcuni casi) possono. Buttiglione conclude: “La differenza è tutta qui. Non c’è dubbio che il divorziato risposato sia oggettivamente in una condizione di peccato grave; Papa Francesco non lo riammette alla comunione ma, come tutti i peccatori, alla confessione. Lì racconterà le eventuali circostanze attenuanti e si sentirà dire se e a che condizioni può ricevere l’assoluzione. San Giovanni Paolo II e Papa Francesco certamente non dicono la stessa cosa ma non si contraddicono sulla teologia del matrimonio”.
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