Ciampi e San Wojtyla, i due nonni d'Italia, un'amicizia nata per dare un'anima all'Europa. Il telegramma di Papa Francesco

Ciampi e San Wojtyla, i due nonni d'Italia, un'amicizia nata per dare un'anima all'Europa. Il telegramma di Papa Francesco
di Franca Giansoldati
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Venerdì 16 Settembre 2016, 16:43
Città del Vaticano Li chiamavano i “nonni d’Italia”, Carlo Azeglio Ciampi e Karol Wojtyla. Entrambi festeggiavano San Carlo, l’onomastico, e non mancavano mai di farsi gli auguri reciprocamente. Su quella coincidenza ci scherzavano anche sopra.

Papa Francesco, nel telegramma inviato alla moglie Franca Ciampi, ha voluto ricordare quella “sincera amicizia”. Nel corso del settennato al Quirinale si consolidò tra i due un forte legame personale, da una parte il Papa globe trotter,  ormai minato dal Parkinson e dall’altra parte il presidente Ciampi. Già la prima volta che si incontrarono ufficialmente, nel 1999, durante una udienza nel Palazzo Apostolico, scattò quella scintilla umana che rende un legame diverso, tanto che la signora Franca, al momento del commiato si avvicinò a Giovanni Paolo II lasciandosi andare ad un consiglio quasi familiare: “Santità, mi raccomando, non si strapazzi troppo”.

Qualche anno dopo, il presidente Ciampi intervistato dall’Osservatore Romano, volle tornare su quel momento, rivelando che in realtà Wojtyla lo conobbe qualche anno prima, nel 1993, da presidente del Consiglio, e che già allora vi fu subito una simpatia reciproca. “Per quanto riguarda il "non si strapazzi" di mia moglie – spiegò Ciampi - io non lo sentii perché ci eravamo congedati e ci avviavamo all'uscita. Mia moglie tornò indietro e se ne uscì con quel "non si strapazzi", che io appunto non sentii. Talché, rientrati al Quirinale, andammo a tavola, erano circa le due, accesi la televisione, c'era il telegiornale, e con mia sorpresa, sentii:  "Il Presidente della Repubblica in Vaticano:  Santità non si strapazzi". E caddi dalle nuvole perché non avevo sentito questa uscita di mia moglie. Quanto ai miei rapporti con Giovanni Paolo II, il mio primo incontro con lui risale al 1993, quando ero Presidente del Consiglio. Ricordo ancora quell'incontro, di cui si parlò pochissimo. Nel giro di pochi minuti diventò, non dico una confessione, ma un incontro in cui ci aprimmo il cuore. Ricordo che mi commossi. Nessuno lo seppe perché ero solo. Questo fu il primo incontro”.

A Ciampi Giovanni Paolo II rammentava spesso che era stato eletto al Colle il giorno della Madonna di Fatima. Il 13 maggio. “Il giorno dell’attentato contro di me – diceva Wojtyla a Ciampi -  inoltre lei ha giurato fedeltà al suo Paese il giorno del mio compleanno. Ci chiamiamo Carlo tutti e due”. Erano nati anche nello stesso anno, 1920. Un doppio filo, due biografie differenti, eppure in qualche modo unite dal fatto che erano destinati a diventare protagonisti della storia del Novecento. Il giorno dei funerali di Papa Wojtyla, nell’aprile del 2005, l’allora Presidente della Repubblica arrivò per primo a San Pietro, con la moglie Franca, a rendere omaggio all’amico. Con lui aveva pregato, chiacchierato, pranzato, scherzato, discettato di politica. Condividevano la battaglia delle culle vuote, intravedo all’orizzonte tutti i rischi di una Europa senz’anima e senza voglia di fare figli. C’era sintonia intellettuale. Si sarebbero dovuti incontrare al Quirinale il 29 aprile 2005, giorno di Santa Caterina patrona d’Italia, ma Wojtyla scomparve il 2 aprile.
 
 
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