I perché del gesto/La Chiesa apre, ma il peccato non è declassato

di Lucetta Scaraffia
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Martedì 22 Novembre 2016, 00:05
«Perché nessun ostacolo si interponga tra la richiesta di riconciliazione e il perdono di Dio» papa Francesco ha concesso a tutti i sacerdoti - nella lettera con la quale ha voluto fare un primo bilancio del giubileo e segnare la continuità dell’esercizio della misericordia nella vita cristiana - la facoltà di assolvere dal peccato di aborto, come era stato per provvedimento eccezionale durante l’anno santo. L’aborto cessa quindi di essere un peccato così grave da poter essere assolto solo da un vescovo, o da un prete appositamente designato dal vescovo.

Non si tratta però di un declassamento della gravità del peccato - Francesco non fa che denunciarlo come uno dei più gravi di questo tempo appena ne ha l’occasione - ma del suo svincolamento da una prassi complicata.
Fino al giubileo, infatti, chi si voleva liberare di questa colpa doveva individuare la persona che poteva assolverlo, domandando in giro, in un certo senso costretta anche a far capire qual era il peccato che voleva confessare. Rischiando tra l’altro di contravvenire alla regola del segreto sacramentale. Oggi, può entrare in qualsiasi chiesa, avvicinarsi a qualsiasi confessionale e chiedere perdono per la propria colpa.

Non è un cambiamento da poco: tutti sappiamo come la decisione di confessarsi possa spesso essere presa di getto, per una ispirazione, in un momento in cui il peso della coscienza si sente troppo forte. E poi magari, se si deve affrontare una trafila complicata, si lascia perdere.
Con questa decisione papa Francesco vuol far sentire la Chiesa come una madre vicina ai suoi figli, pronta ad accoglierli con amore e a perdonarli, piuttosto che un’istituzione giudicante rigida, preoccupata soprattutto di difendere la sua funzione normativa.

Il papa si rivolge a tutti i peccatori, anche a chi l’aborto l’ha chiesto, talvolta imposto, o anche solo consigliato, e anche ai medici che procurano l’aborto. Non è vero che per loro può essere un lavoro di routine, un intervento come un altro: in Francia il sindacato ha dovuto chiedere la rotazione anche del personale infermieristico addetto allo smaltimento dei feti, che non resisteva se non poco tempo nella mansione, anche se magari era favorevole all’aborto. Prova anche questa che si tratta di una questione molto più complicata di come lo spirito dei tempi ci induce a pensare, e che nel corso degli anni lacera le coscienze delle persone coinvolte.

Solo la confessione e il perdono possono sgravare anime così appesantite dalla sofferenza per qualcosa la cui gravità prima non avevano neppure preso in considerazione, e l’accesso libero al confessionale rende tutto più facile. Si spera poi che in questo luogo trovi sacerdoti umani, uomini dal cuore aperto capaci di vera misericordia, e non controllori che vogliono subito cogliere l’occasione per impartire con severità una lezione.
L’amore, l’accoglienza gratuita, il perdono di Dio sono l’unico balsamo per questo dolore, per questo profondo disagio che può avvelenare un’intera vita. In altre parole, il papa distingue fra il peccato, che considera fra i più gravi, e il peccatore pentito da perdonare e riaccogliere.

Anche se il provvedimento non si rivolge solo alle donne, Francesco dimostra così di conoscerle: sa che dietro alle rivendicazioni sbagliate, dietro ai diritti sbandierati con leggerezza c’è solo tanto dolore. E invece di condannare, di inasprire la pena, apre le braccia per il perdono.

Le donne non sono così considerate come potenzialmente gravi peccatrici - da sottoporre a difficili percorsi di redenzione - ma esseri umani sofferenti, le prime a soffrire per questo atto, nel corpo e nell’anima.
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