Usa, le cravatte di Trump e i tailleur di Clinton nella corsa alla Casa Bianca

Usa, le cravatte di Trump e i tailleur di Clinton nella corsa alla Casa Bianca
di Federica Macagnone
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Martedì 8 Novembre 2016, 09:10 - Ultimo aggiornamento: 09:23
L'abito fa il monaco, soprattutto se quella mise farà, nel giro di pochi secondi, il giro di tutto il mondo. Lo sanno bene Hillary Clinton e Donald Trump che, tra campagna elettorale e confronti televisivi, hanno accuratamente scelto il loro abbigliamento, gli stilisti e i colori con cui presentarsi davanti all'elettorato americano.

Se appuntarsi all'orlo del pantalone o alla lunghezza della giacca sembrano delle sciocchezze in confronto alle decisioni che il Presidente degli States dovrà prendere, è ingenuo pensare che il successo di un politico non passi anche attraverso la sua immagine. D'altronde quello dell'impatto visivo non è un problema di oggi. Era il 1960, agli albori delle elezioni che diventano eventi televisivi. Un giovane John Kennedy si presentava al primo dibattito contro Richard Nixon: il primo in abito scuro, camicia bianca, sicuro di sé. Il secondo in vestito chiaro, la giacca leggermente cadente sulle spalle e un nervosismo trasformato in litri di sudore asciugati in diretta tv. In molti sono sicuri che quell'immagine fresca e curata in ogni dettaglio sia stata funzionale all'ingresso alla Casa Bianca di JFK.
 
 


Lo stile. Non a caso la stessa Hillary Clinton, che non è di certo una fashion addicted, ha cambiato il suo atteggiamento verso la moda: ha assunto Kristina Schake, ex assistente di Michelle Obama, per definire la sua immagine e ha fatto ricorso a tutta la sua femminilità per trasmettere l'idea di una donna al potere forte e affidabile, ma allo stesso tempo mamma e nonna. Una strategia che è passata attraverso giacche e pantaloni che sono stati il simbolo della campagna elettorale. La “pantsuit aficionado”, così come lei stessa si è definita, ha optato per uno stile classico che ha fatto ricorso a colori vivi: pantaloni dal taglio pulito e giacche lunghe ad abbracciare le forme. Una mise impreziosita da gioielli sobri e da una pettinatura leggermente cotonata sempre in ordine.

Scelte meno ardite per Donald Trump che non ha mai abbandonato i suoi (svariati) abiti blu durante i comizi e nelle apparizioni pubbliche. Di tanto in tanto ha rinunciato alla cravatta e in certe occasioni ha indossato un cappellino da baseball. Ma nulla lo ha distolto dal suo stile da “amministratore delegato del Paese” accompagnato da cravatte regimental e monocolore. L'estetica di Trump riporta la mente dei nostalgici al reaganismo di metà degli anni '80, ricordato dai repubblicani come “i bei vecchi tempi dell'America”. Non è di certo un caso che lo slogan che lo ha accompagnato in ogni angolo degli States sia stato: “Make America Great Again!”. Discorso a parte per i capelli e l'abbronzatura, diventati un marchio del tycoon già prima di correre per la presidenza: questi due elementi, a volte diventati oggetti di scherno, hanno contribuito a calcificare nella mente degli americani la sua immagine.

Vestiti e colori. Dai colori vivaci di Hillary alla rassicurante “divisa” blu di Donald. La candidata alla Casa Bianca, in questi mesi, ha mostrato di essere in grado di indossare tutta la gamma di colori disponibili in natura. Tuttavia, ci sono state due scelte in particolare che hanno colpito l'attenzione degli analisti e che dimostrano come anche attraverso il colore di un abito si possano lanciare messaggi chiari all'elettorato. Al primo confronto televisivo Hillary ha sfoggiato un tailleur rosso, affidandosi al colore tradizionalmente repubblicano: il colore è generalmente associato al calore, al coraggio e alla forza di volontà. Inoltre, secondo uno studio del 2008, il rosso porta gli uomini a vedere le donne in modo più sensuale e attraente. Scelta opposta per Trump che, invece, si è presentato al confronto nel tradizionale vestito e una cravatta di un blu accesso, il tradizionale colore dei democratici: il blu è il colore migliore per stimolare il pensiero creativo e, secondo uno studio del 2009 della University of British Columbia, è anche uno dei più amati sia tra le donne che tra gli uomini. Ma è stato all'ultimo confronto televisivo che Hillary ha vinto la sua partita sul look: il bianco del suo tailleur è stato decodificato in diversi modi. Dalla scelta di essere un faro di luce per il Paese al riferimento al bianco scintillante della bandiera a stelle e strisce. Ma potrebbe esserci di più: erano bianchi, infatti, i vestiti delle suffragette che lottarono affinché anche le donne avessero accesso al voto.

Stilisti. Dite addio alla “tradizione” di Michelle che, da First lady, aveva promosso nuovi stilisti americani. Hillary, salvo eccezioni, seguirà le orme di Jacqueline Kennedy e Nancy Reagan e si è già affidata a un unico marchio. Sposando le linee pulite ed eleganti, ha scelto Ralph Lauren, stilista simbolo del “sogno americano” che dal Bronx potrebbe finire dritto alla Casa Bianca. La scelta non è ancora ufficiale, ma il trend osservato lascia adito a pochi dubbi: Clinton ha scelto lo stilista per tutti gli appuntamenti più importanti, tradendolo durante la campagna solo in alcune occasioni con Giorgio Armani. Dal tailleur blu elettrico, indossato in occasione dell'annuncio della sua discesa in campo nella corsa alla Casa Bianca, al completo pantalone bianco sfoggiato sul palco della Convention democratica, passando per quello rosso del primo dibattito e quello bianco e blu del secondo contro Donald Trump. Con Ralph Lauren Hillary rivede e rende più femminile la sua “uniforme” pubblica, lanciando allo stesso tempo un messaggio in linea con la sua narrativa in netta contrapposizione all'avversario. La scelta di uno stilista americano si contrappone, infatti, alle scelte “made in Europe” della famiglia Trump, con The Donald che indossa completi Brioni e Melania che si è affidata a marchi europei, tra cui Gucci e Fendi. La battaglia per la Casa Bianca si gioca anche a colpi di stile e abiti firmati.
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