Il Senato delle regioni: tagliati seggi e poteri

Il Senato delle regioni: tagliati seggi e poteri
di Diodato Pirone
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Lunedì 28 Novembre 2016, 17:09 - Ultimo aggiornamento: 29 Novembre, 09:58
Il nuovo Senato è il cuore della riforma Costituzionale. A oltre 35 anni dai primi tentativi di modifica dei meccanismi parlamentari delineati dalla Costituzione del 48 il prossimo 4 icembre quasi 50 milioni di italiani saranno chiamati ad esprimere un proprio parere uscito dalle Camere dopo due anni di dibattito intenso e ben sei votazioni.
In sintesi la riforma prevede la fine del bicameralismo perfetto ovvero l'esistenza di due Camere fotocopia. Attenzione non si vota sull'eliminazione del bicameralismo in quanto tale perché il Senato resta ma, se passa il Sì, Palazzo Madama non avrà più gli stessi poteri della Camera: non darà più la fiducia al governo; esaminerà solo il 5/10% delle leggi e rappresenterà Regioni e Comuni, un po' come avviene in Germania col Bundesrat. La riforma prevede anche l'unificazione delle costose burocrazie di Camera e Senato. Anche qui salterebbero alcune poltrone doppione.

Le ragioni del sì
I vantaggi del nuovo Senato? Soprattutto due: una politica più semplice e una riduzione dei costi della politica stessa. Secondo il Comitato per il Sì, infatti, il nuovo assetto istituzionale sarebbe molto più razionale dell'attuale. Perché? Intanto per ben 4 volte nelle ultime 6 elezioni il Senato ha registrato una maggioranza diversa da quella della Camera con il risultato di governi deboli e di traffici talvolta indecorosi intorno alle scelte politiche di singoli senatori. Eliminando la parità di poteri fra Camera e Senato si elimina il problema di due eventuali maggioranze diverse. Inoltre con la fine del bicameralismo perfetto l'Italia si allinea ai sistemi istituzionali di Francia, Germania, Spagna e Gran Bretagna dove una sola Camera assicura la fiducia al governo mentre la seconda ha compiti di supporto oppure rappresenta gli enti locali. Secondo il fronte del Si la riforma rende più trasparente il processo di formazione delle leggi (non ci saranno più le valanghe di decreti di questi anni) e riduce notevolmente i costi della politica eliminando il 30% dei parlamentari nazionali. Infatti i 315 senatori attuali sarebbero sostituiti da 100 esponenti di Regioni e Comuni senza indennità. Inoltre la riforma prevede l'unificazione delle burocrazie di Camera e Senato. Gli esponenti del Sì respingono al mittente le critiche sulla non democraticità dell'elezione dei nuovi senatori perché una apposita legge - che si può approvare solo dopo l'esito del referendum - consentirà ai cittadini di indicare i consiglieri regionali che per 3/4 giorni al mese andranno a Roma a partecipare alle sessioni del Senato.

Le ragioni del no
I contrari alla riforma costituzionale sostengono che le norme relative al nuovo Senato sono «confuse e pasticciate». Molti fra gli esponenti del No, tuttavia, non si dichiarano contrari all'abolizione del bicameralismo perfetto, ovvero alla necessità del voto favorevole di entrambe le Camere per ogni legge, ma ribadiscono che in futuro andrà fatta un'altra riforma, scritta in maniera diversa. Secondo il fronte del No il Senato non viene abolito ma bensì trasformato in una specie di dopolavoro di consiglieri regionali e sindaci. A molti del No non piace neanche il sistema di elezione degli eventuali futuri senatori che, com' è noto, non sarebbero eletti direttamente dal popolo ma indicati dai cittadini sulla scheda quando vanno a votare per le regionali. Critiche anche al funzionamento del futuro Senato così come indicato nella riforma perché su alcune leggi non sarebbe abolita la navetta fra Montecitorio e Palazzo Madama. Secondo il No la riforma fissa almeno 10 modi diversi per consentire al Senato di duettare con la Camera sul varo delle norme. Il No, infine, è critico sulla possibilità riservata ai neosenatori, consiglieri regionali e sindaci in carica, di ottenere l'immunità parlamentare e smentisce le cifre fatte circolare dal fronte del Sì di un risparmio di 500 milioni l'anno. Secondo gli esponenti del No i risparmi massimi sarebbero al massimo 50 milioni derivanti dall'eliminazione degli stipendi di 315 senatori. Ma poi andrebbero conteggiati i rimborsi spese dei 100 nuovi senatori per i quali non è però previsto lo stipendio.

 
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