La scelta di Prodi: «Con Gentiloni Italia più forte»

Gentiloni e Prodi (ansa)
di Mario Ajello
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Domenica 18 Febbraio 2018, 09:52 - Ultimo aggiornamento: 14:42

dal nostro inviato
BOLOGNA
Non un endorsement. Di più. Nel teatro bolognese delle Celebrazioni, si chiama proprio così, Romano Prodi celebra Paolo Gentiloni. L'inclusività e la competenza sono il tratto che li unisce. E Prodi, quando viene proiettato sul mega schermo il suo manifesto della campagna elettorale del 2006 - La serietà al governo - guarda Gentiloni e aggiorna il concetto: «Eccola la serietà della politica».

Sembrano gemelli i due. Sia pure di età diversa. Più o meno la stessa chioma, uguali gli occhiali e medesimi i toni (nessuna baldanza di tipo renziano) e i temi: «Più Europa, nuovo welfare e lotta alle diseguaglianze, grande impegno nella crescita», dicono entrambi in questo festival o revival dell'ulivismo come progetto di riforme che non vuole cedere il campo. E si sente, a dispetto delle delusioni patite e del turbo-nuovismo (l'opposto della pacatezza gentilian-prodiana), ancora adatto a parlare al presente e al futuro. Prodi, prima di entrare in scena, dice: «Se dopo nove anni torno ora per la prima volta su un palco politico, e lo faccio con Gentiloni, vorrà pur dire qualcosa, no?». Ma certo. «Gentiloni è l'uomo che ci vuole, per guidare anche il prossimo governo. E' il premier giusto, per dare all'Italia stabilità e forza. Anche a livello internazionale».

IL SILENZIO SUL SEGRETARIO
Renzi non viene mai citato in questa kermesse della lista ulivista Insieme, alleata del Pd. Neanche quando Gentiloni esalta i successi della legge sulle unioni civili e di quella sul biotestamento, che proprio da Renzi sono state impostate e volute. E quando l'ex ministro Giulio Santagata, amicissimo del Prof e il Prof ha deciso di impegnarsi proprio per lanciare la sua lista ulivista, elogia Gentiloni e critica il segretario Pd senza nominarlo - «L'ultima fase del governo di centrosinistra è stata particolarmente positiva. La cosa migliore è stato il cambiamento di stile. L'Italia ha bisogno non di uno che comanda ma di uno che guida, tranquillamente» - parte la più calda ovazione della giornata.
Prodi sostiene Insieme, in una logica di coalizione che «è quella più adatta alla società complessa di oggi», perché mescolando democratici, socialisti, verdi, laici, cattolici, la vede rispondente al suo sogno ulivista di sempre: «L'unione di tutti i riformismi».

«Credo che anche Gentiloni», aggiunge il Prof uscendo dal teatro, «sia d'accordo che nella prossima legislatura la prima cosa da fare sia una legge elettorale nuova. La Francia forse ha più problemi di noi, ma la legge elettorale maggioritaria le consente di avere un governo forte e solo così si può avere un ruolo forte in Europa e nel mondo».
Gentiloni esalta il prodismo: «L'Ulivo è il tessuto del centrosinistra». Prodi esalta Gentiloni. La platea gode. «L'ispirazione di un centrosinistra di governo che 20 anni fa ci insegnò Prodi», incalza il premier, «è quella che tuttora sentiamo». E giù applausi per Paolo il Calmo. Mentre in sala, ecco per esempio l'ex ministro Piero Gnudi, ci si chiede: «Casini, candidato al Senato a Bologna, ce la farà? Ma certo». E tutti tifano per lui, contro Vasco Errani, compreso Prodi, il quale torna a criticare i «miei cari amici» che «invecedi capire che riformismo è unità anche nelle differenze hanno fatto una scissione sbagliatissima».

Il Prof dice che «Gentiloni è l'Italia che vogliamo». E il premier, dopo aver ripetuto che «con Prodi abbiamo vinto due volte», si dice fiducioso sulle sorti elettorali: «Siamo indietro di sette punti rispetto al centrodestra, ma sette punti in quindici giorni sono recuperabili».

Intanto, in prima fila, oltre al sindaco Merola c'è il governatore emiliano Stefano Bonaccini, molto renziano. Presidente, ha visto che nessuno cita Renzi? «Beh, è vero, in effetti....». Simpaticamente diplomatico. Mentre l'unico a citare dal palco il teorico ulivista per eccellenza Arturo Parisi - «Il professore che inventò slogan come uniti per unire che sono ancora per noi molto validi» - è Gentiloni. E in sala si ironizza: «Parisi non c'è, forse starà in Sardegna, sua terra natale». In realtà, il Negus - vecchio soprannome di Parisi - crede che l'ulivismo già sia connaturato e rappresentato dal Pd renziano, e condivide poco l'idea di Insieme, i cui destini elettorali non sono facilissimi. La mano che Prodi ha deciso di dare è molto preziosa.

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