L'Italia è tripolare: il centrosinistra frana ma resta primo. I 5Stelle a quota 20%

L'Italia è tripolare: il centrosinistra frana ma resta primo. I 5Stelle a quota 20%
di Diodato Pirone
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Martedì 7 Giugno 2016, 08:55 - Ultimo aggiornamento: 10:41

ROMA - Il tripolarismo ha messo radici in tutt'Italia. A leggere in filigrana i dati delle comunali e i flussi (fortissimi) che le hanno caratterizzate questo è l'unico collante nazionale (assieme alla debolezza registrata dalle troppe liste civiche) che tiene assieme cifre e tendenze molto diverse da città a città. La controprova è offerta da una indagine dell'Istituto Cattaneo che confronta le tre aree politiche collocandole così sul podio: centrosinistra al 34,3%, centrodestra al 29,5% e M5s al 21,4%. L'indagine (effettuata su 13 città: Torino, Novara, Milano, Varese, Trieste, Savona, Bologna, Ravenna, Rimini, Grosseto, Roma, Cagliari, Carbonia, Napoli, Caserta, Brindisi, Salerno, Cosenza) offre anche altri spunti preziosi: centrosinistra e centrodestra rispetto alle precedenti amministrative sono in deciso calo ma registrano una crescita rispetto alle politiche del 2013. Tutto questo mentre i pentastellati, nonostante il boom di Roma e Torino, non raggiungono le vette toccate con le politiche del 2013 perché si fermano al 21% contro il 25% toccato tre anni fa.Altri temi di riflessione sono offerti dalle analisi sui flussi effettuate dalla società di analisi SWG di Trieste.

CAPITALE AI RAGGI X
Il flusso più forte di tutti è quello che si è scatenato nella Capitale dove il Movimento 5Stelle è riuscito a risucchiare a sè addirittura il 35% dei 512.700 elettori che nel 2013 votarono a sinistra per Ignazio Marino al primo turno. Uno smottamento enorme cui si è aggiunto il deflusso verso i grillini del 15% dei 364.533 elettori che votarono per il centrodestra guidato da Gianni Alemanno.SWG comunque segnala l'ottimo andamento personale dei tre candidati principali presentatisi a Roma visto che Virginia Raggi, candidata M5S, si è conquistata il 10% dei suoi voti in base al proprio profilo personale e non al traino del partito. Anche Roberto Giachetti (Pd) vanta un 8% di voti conquistati da sé, percentuale che sale addirittura al 16% per Giorgia Meloni (Fratelli d'Italia) facilitata dalla piccola stazza del suo partito. «Ma a Roma si è consumato anche un altro fatto importante - spiega Enzo Risso, direttore di Swg - Per la prima volta gli aficionados di Berlusconi non hanno seguito il loro leader e solo un elettore su cinque di Forza Italia ha preferito Alfio Marchini».

SOTTO LA MADONNINA
L'operazione rilancio del polo moderato non ha funzionato nella Capitale ma a Milano si. Stefano Parisi, candidato del centrodestra, è finito ad una incollatura dal favorito Giuseppe Sala del centrosinistra. «Qui il dato più interessante è che il Pd ha tenuto in percentuale - spiega Risso - Ma non hanno votato ben 120.000 milanesi oltre gli astenuti del 2011 e, fra loro, il 25% degli elettori Pd». Tuttavia non si può dire che Sala non abbia funzionato visto che vanta l'8% di voti personali contro il 6% di Parisi. Morale? «Finirà al fotofish», profetizza Risso.E cosa è accaduto a Napoli e Torino? Nella capitale partenopea il candidato a sinistra del Pd Luigi De Magistris ha fatto da idrovora incorporando (rispetto alle regionali 2015) il 20% dei voti Pd e, udite udite, il 40% dei voti M5S. A Torino, invece, il risultato del Pd mostra due facce. Da una parte Fassino è riuscito a portare alle urne il 10% degli elettori che alle europee si era astenuto ma dall'altro ha subito un'emorragia del 10% verso i pentastellati e di un altro 10% verso l'astensione. «Ma tripolarismo o no anche queste comunali hanno rispettato la regola aurea: chi azzecca il candidato vince - chiosa Risso - Basti vedere i casi di Cagliari e di Rimini dove i candidati di centrosinistra Massimo Zedda e Andrea Gnassi hanno stracciato tutti al primo turno».