Se la crescita dei ragazzi comincia dall’autonomia all’uscita da scuola

di Marina Valensise
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Mercoledì 1 Novembre 2017, 00:29 - Ultimo aggiornamento: 00:31
Non tutto è perduto. La politica, udite udite, comincia a dare qualche segno di rinsavimento. Sarà l’imminenza delle elezioni, sarà che l’usura del buon senso ha il suo limite, sarà che gli effetti dell’ottundimento collettivo sono sotto gli occhi di tutti, ma un’iniziativa in controtendenza sull’educazione dei figli inizia a farsi strada. È presto per dire che il comune sentire stia cambiando, ma alcuni indizi annunciano la nuova morale: sbagliano i genitori iperprotettivi, perché l’eccesso di accudimento rischia di rivelarsi ancora più dannoso della disattenzione. Se non vogliamo ritrovarci dei figli invertebrati, incapaci di allacciarsi le scarpe e di prendere un aereo da soli e di affrontare la loro vita, bisogna educarli fin da piccoli a muoversi in autonomia, a essere vigili, responsabili e quindi intraprendenti.

Dopo la sentenza della Cassazione, che ha punito alcuni dirigenti scolastici per la morte accidentale di un undicenne travolto da un bus fuori dalla scuola, il ministro della pubblica Istruzione ha avuto la bella pensata di appellarsi alla legge per imporre ai genitori l’obbligo di accompagnare e andare a prendere a scuola i figli minori di 14 anni, con riferimento agli studenti delle scuole medie. Unanime il coro di proteste, da parte dei genitori, impossibilitati al compito, perché presi dal tragitto casa-lavoro, da parte dei fratelli maggiori, assenti giustificati, e persino da parte dei nonni, chiamati in causa dal ministro ma renitenti all’impegno, per via dell’ultima proroga dell’età pensionabile. Risultato? Invocato a gran voce dai presidi, il buon senso ha iniziato a farsi strada. «L’autonomia è un valore educativo importantissimo», ha replicato il segretario Pd Matteo Renzi al ministro Fedeli. E i tanti che sottolineavano il ridicolo di prolungare per legge la deresponsabilizzazione dei figli, per eccesso di accudimento o mania iperprotettiva, possono trarre un sospiro di sollievo. 

In parlamento, il legislatore, destra e sinistra unite, si è subito attivato. In commissione Bilancio vari emendamenti al decreto fisco, collegato alla manovra finanziaria, sono stati presentati entro il termine delle 15 di ieri, per cancellare l’obbligo di legge che impone ai genitori di accompagnare e andare a prendere i figli a scuola, per non incorrere nel reato di abbandono dei minori.

È vero che il viceministro dell’Economia Enrico Morando, che seguirà per conto del governo sia il decreto fisco sia la legge di Bilancio, ha detto che la questione ancora non è stata affrontata, rinviando tutto all’esame degli emendamenti. Ma consola constatare il sussulto di ragionevolezza nel legislatore. La deputata dem Simona Malvezzi, pur abusando del participio, ha presentato una bozza di emendamento in poche righe: «I genitori esercenti la responsabilità genitoriale e i tutori dei minori di 14 anni, in considerazione dell’età, del grado di autonomia e dello specifico contesto, nell’ambito di un processo di autoresponsabilizzazione, possono autorizzare le istituzioni del sistema nazione di istruzione a consentire l’uscita autonoma dei minori dai locali scolastici al termine dell’orario delle lezioni. L’autorizzazione esonera il personale scolastico dalla responsabilità connessa all’adempimento dell’obbligo di vigilanza».

Urge portare a casa un risultato il più presto possibile, ha spiegato la responsabile Scuola del Pd. E pazienza se la fretta è nemica del bene e della sintassi italiana. Speriamo solo che la dialettica parlamentare generi un testo più chiaro, e che il buon senso prenda il sopravvento anche nelle norme, visto che nella vita reale mantiene il suo zoccolo duro. Educare, ormai è assodato, non significa proteggere i figli come eterni infanti invertebrati, ma tirarli fuori, anzi spingerli fuori casa, farli uscire da soli, senza starli a aspettare col cuore in mano.
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