Assegno da duemila euro anche per un giorno d'aula

di Diodato Pirone
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Mercoledì 26 Luglio 2017, 08:00
ROMA A trasformare il vitalizio nel simbolo maledetto del privilegio sono state mille storie piccole piccole ma non tutte miserabili. Prendiamo la più assurda di tutte. Riguarda uno stimato giornalista del Corriere della Sera che si chiamava Arturo Guatelli ed era corrispondente da Bruxelles quando nel 1979 ebbe la pensata di presentarsi al Senato con la Democrazia Cristiana.

Risultò il primo dei non eletti. Non si ripresentò nelle elezioni del 1983 ma, com'è noto, il vecchio Parlamento mantiene poteri (e stipendi) fino al giorno della proclamazione del nuovo e in questo breve spazio temporale morì un senatore dc. Guatelli lo sostituì formalmente ma non mise mai piede a Palazzo Madama (è l'unico senatore di cui il Senato non ha foto). Ciononostante dal 1983 prima lui, e poi sua moglie per reversibilità, hanno ricevuto un vitalizio mensile di circa 2.000 euro.

Non si tratta di un caso singolo. Quattro ex parlamentari radicali, Angelo Pezzana, Piero Craveri, Luca Boneschi e René Andreani, si dimisero dopo un solo giorno da parlamentari. Lo fecero all'epoca per motivi politici rifiutando anche un signor stipendio e i mille benefits legati allo status di rappresentante del popolo. E invece tutti e quattro (o le loro consorti) sono oggi alla pubblica gogna riservata ai 2.600 ex-parlamentari con vitalizio.

INNOCENZA ADDIO
Del resto le vitalizio-story non sempre sono così innocenti. Prendiamo ad esempio il caso di un banchiere, Giuseppe Valcavi, che nel 1992 aspetta 68 giorni per dimettersi dal Senato per l'incompatibilità prevista dalla legge. Risultato: vitalizio di 3.000 euro (dal 2010 alla vedova). E prendiamo anche il caso di Giuseppe Gambale, avvocato napoletano che sempre nel 1992 e con appena mille preferenze finisce a Montecitorio a soli 28 anni, anche lui per la sostituzione di un altro dimissionario. Gambale lascia la Camera 14 anni dopo, nel 2006, quando ha appena 42 anni. Da allora è un baby-vitaliziato a quasi 8.500 euro lordi al mese o, se preferite, oltre 100.000 l'anno. Per percepirne il trattamento da nababbo bisogna segnarsi un paio di cifre. La prima è 2: sono gli anni che sono bastati a Gambale per riprendersi i contributi versati. La seconda cifra è più amara (per i contribuenti): 4 milioni. Se l'ex onorevole Gambale rispetterà la media di vita dei maschi italiani a 80 anni avrà ricevuto, appunto, 4 milioni.
Una dorata festa d'altri tempi, quella del vitalizio. Che però è finita - almeno in forme così sfacciate - il primo gennaio 2012. Fu il giorno dell'entrata in vigore della legge Fornero che alzò di botto l'età pensionabile degli italiani sbriciolando la scorciatoia delle pensioni d'anzianità. E anche il Parlamento riformò, anzi abolì, i vitalizi assegnando anche alle pensioni degli onorevoli il micidiale calcolo contributivo previsto per tutti gli italiani. Ma solo per gli eletti futuri.

Ora con la legge Richetti, se davvero vedrà la luce e supererà le Forche Caudine della Corte Costituzionale, si tenta la strada del ricalcolo dei vecchi vitalizi. Una strada indicata anche dall'attuale presidente dell'Inps, Tito Boeri, il quale da anni si batte per una gigantesca operazione d'equità: ricalcolare con il contributivo tutte le pensioni italiane di un certo valore per distribuire ai giovani i risparmi ricavati. Per Boeri i politici dovrebbero dare l'esempio ma il ricalcolo dovrebbe riguardare le pensioni di tutte le categorie.

Il presidente dell'Inps ha anche distribuito uno studio dettagliato del caso sottolineando che il ricalcolo col contributivo dei vitalizi parlamentari porterebbe a risparmi per 76 milioni l'anno o 760 milioni in 10 anni. Meno di una goccia di un oceano. Per le pensioni l'Inps all'anno spende quasi 280 miliardi. Miliardi. Il doppio di quanto l'Italia spende per la scuola o l'equivalente del costo di almeno 28 Ponti di Messina. Ogni anno.