Unioni civili, conta in aula: determinanti i 19 voti di Verdini

Denis Verdini
di Nino Bertoloni Meli
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Mercoledì 24 Febbraio 2016, 10:29 - Ultimo aggiornamento: 12:48

Tra i più delusi con i cinquestelle sono apparsi proprio quelli che ci avevano sperato, Monica Cirinnà in primis, Sergio Lo Giudice in pari grado. «Che il governo metta la fiducia, per me è una medaglia», ha confidato la Cirinnà al termine dell’assemblea dei senatori dem; mentre Lo Giudice davanti ai colleghi di gruppo ha allargato le braccia e ha riconosciuto «se le Unioni civili saltano anche a questo giro, rischiamo di dover aspettare per anni». 

DATO CHIARIFICATORE
E’ stata un’assemblea di chiarificazione, quella dei senatori del Pd assieme a Matteo Renzi, e anche di prospettiva politica, di alleanze, di tenuta del governo, di maggioranza e maggioranze. Con un dato a suo modo chiarificatore: il Pd tutto, non una parte o qualche fetta, ha deciso di chiudere definitivamente con il M5S, ha preso atto che non è possibile intavolare alcunché con chi ha nel proprio programma al primo punto «la distruzione del Pd». Renzi su questo aveva già suonato la carica all’assemblea nazionale di domenica, e davanti ai suoi senatori è stato ancora più esplicito: «Casaleggio li dirige tutti da fuori».
 
Poi, rivolto a chi probabilmente ancora nicchia o fa finta di credere a un accordo possibile con i seguaci del comico, ha aggiunto: «Abbiamo riportato una grande vittoria, facendo passare le Unioni civili, e se qualcuno non lo capisce vuol dire che appartiene a quella sinistra che vuole sempre perdere». Avanti tutta con la maggioranza che c’è, dunque. E quando a Renzi riportano i primi risultati dell’assemblea dell’alleato Ncd con Angelino Alfano - «Formigoni, Sacconi e altri la fiducia non la votano» - il premier segretario ai suoi confida: «Se va così facciamo cappotto».

Niente accordi impossibili con il M5S; possibili, forse, con Sel (ma al Senato non hanno numeri significativi); resta dunque la maggioranza con Ncd, ma ancora i numeri a palazzo Madama non sono sufficienti. Dunque? La fiducia sulle Unioni dovrebbe registrare per la prima volta il sì del gruppo di Ala, i 19 verdiniani che finora hanno assicurato il proprio consenso su passaggi importanti come le riforme, hanno votato contro la sfiducia dei grillini alla ministra Boschi su Banca Etruria, ma mai avevano dato platealmente la fiducia al governo. 

Un voto che, se ci sarà come appare sicuro, sarà anche determinante. Se tutto il Pd vota, saranno in 111; poi ci sono i 28 di Ncd scontando tre-quattro dissidenti; dei 15 di Gal la maggioranza dovrebbero dire di sì; risultato: per raggiungere la fatidica quota 161 che assicura la maggioranza urgono i consensi di Verdini. «E mica possiamo fare come Prodi con Cossiga, che voleva i suoi voti ma senza chiederglieli pubblicamente in aula, tanto che il Picconatore si incavolò, non diede i voti e Prodi cascò», ricorda un parlamentare che quel passaggio visse in prima persona. 

NASI ARRICCIATI
E del resto, Renzi al Parco dei Principi lo aveva spiegato a chiare lettere, «è inutile che ci giriamo attorno, la maggioranza al Senato non ce l’abbiamo». E Alessandro Malan, che ha lasciato Scelta civica per rientrare nel Pd, ricorda: «A chi tra di noi arriccia il naso, ricordo che con Verdini e finanche con Berlusconi ci abbiamo fatto un governo, nel recente passato, allora andava bene e adesso non più?». Soddisfatto anche Beppe Fioroni: «Si è trovata una soluzione saggia, si sta votando una buona legge con una maggioranza allargata, tutti, compresa la nostra sinistra interna, devono capire che non c’è possibilità di interloquire con il M5S». Soddisfatta anche Emma Fattorini, cattodem in prima fila: «Non è questione di chi ha vinto o chi ha perso, l’importante è avere portato tutto il gruppo su una linea responsabile». 

La sinistra interna, al momento, conferma di non voler salire sulle barricate.

Si è attestata su uno sconsolato «sbagliato affidarsi a Ncd», ma forse da oggi riprenderanno le ostilità sul Verdini in maggioranza e sul partito della nazione. In assemblea Gotor non ha parlato, lo ha fatto Tronti per avvertire di «non scollegare le élites dal Paese reale», il quale Paese reale, a suo dire, «non vede bene adozioni gay et similia». Con l’amaro in bocca i giovani turchi, che con Verducci hanno chiesto a Renzi «un patto» interno per l’unità del Pd fondato sulla promessa che «la stepchild deve restare un obiettivo pd nella legislatura».

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