Torna il rientro dei capitali e ora diventa permanente

Torna il rientro dei capitali e ora diventa permanente
di Andrea Bassi
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Sabato 21 Maggio 2016, 09:04 - Ultimo aggiornamento: 22 Maggio, 20:15
ROMA Pier Carlo Padoan era stato più che prudente. Chiamato a inserire una previsione nel bilancio dello Stato dei soldi che sarebbero arrivati grazie al rientro dei capitali dall'estero, la cosiddetta voluntary disclosure, aveva indicato un solo euro. La cosa è andata meglio. Decisamente meglio. A fare mea culpa davanti all'Agenzia delle Entrate si sono presentati migliaia di italiani che avevano nascosto i loro capitali all'estero, soprattutto in Svizzera. Ne hanno fatti «emergere», come si dice in gergo, per quasi 60 miliardi di euro. E lo Stato ha potuto brindare con un gettito extra di quasi quattro miliardi. Il governo, vista l'efficacia del meccanismo, avrebbe già deciso di riutilizzarlo, preparandosi ad avviare un rientro-bis dei capitali. Con qualche novità. La prima, quella di maggior rilievo, è che la nuova voluntary disclosure non sarà una misura «una tantum», ma sarà introdotta in maniera strutturale nell'ordinamento italiano.

Significa che ci sarà una regola che permetterà in ogni momento a chi detiene soldi all'estero e non è mai stato scoperto dal Fisco italiano, di poterli far emergere pagando quanto dovuto per le tasse evase negli anni con uno sconto solo sulle sanzioni e sugli interessi. «Perché questo meccanismo funzioni», spiega Maurizio Bernardo, presidente della Commissione finanze della Camera, «è innanzitutto necessario che venga salvaguardata la tutela penale». Già nella prima operazione di rientro questa tutela è stata consentita, anche per evitare che chi riportava alla luce i capitali nascosti all'estero, finisse per incappare nel nuovo reato di autoriciclaggio.

 

LE PROPOSTE
Un altro punto che, sempre secondo Bernardo, dovrebbe essere inserito tra le regole della nuova voluntary, è che «le risorse recuperate con l'emersione dei capitali vadano automaticamente alla riduzione delle tasse». Infine, sostiene il presidente della Commissione finanze, bisognerebbe anche «graduare le sanzioni commisurandole ai tempi con cui i contribuenti procederanno o hanno proceduto alla regolarizzazione ed escludere in maniera assoluta condoni e ipotesi di sanatorie di illeciti non fiscali». Il lavoro preparatorio delle norme sarebbe in una fase già avanzata. Il decreto per la riapertura della voluntary disclosure, potrebbe arrivare già entro luglio, al massimo subito dopo l'estate. Secondo alcune stime che circolando in ambienti governativi, la misura potrebbe garantire un gettito strutturale tra uno e due miliardi di euro l'anno. Per il bilancio pubblico non si tratta di cifre imponenti, ma sommate ad altre poste potrebbero permettere di finanziare le misure di riduzione dell'Irpef alle quali il governo ha iniziato a lavorare in vista della prossima legge di bilancio. La manovra autunnale, del resto, sarà molto impegnativa per Palazzo Chigi e per il Tesoro.
Il conto delle risorse da trovare parte già da circa 10 miliardi di euro, gran parte dei quali serviranno per disinnescare la clausola che altrimenti farebbe automaticamente aumentare l'Iva nel 2017. Un altro miliardo servirà poi per finanziare il prestito pensionistico che dovrebbe dare la possibilità di andare in pensione con tre anni di anticipo. Soldi freschi serviranno anche per rifinanziare la decontribuzione del lavoro stabile. Ma la misura più impegnativa riguarda il fisco. A seconda delle risorse che si troveranno, sarà possibile effettuare una riduzione delle tasse in grado di far sentire i suoi effetti in busta paga oppure no. E anche due miliardi in più o in meno possono fare la differenza.
Andrea Bassi
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