Gli italiani contrari alle toghe in politica

(Anthology)
di Enzo Risso
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Lunedì 24 Luglio 2017, 08:18 - Ultimo aggiornamento: 25 Luglio, 15:38
I magistrati che scendono in politica piacciono sempre di meno. I giudici o i pm che, dopo un'esperienza parlamentare o di governo locale, re-indossano la toga non sono particolarmente graditi. Il rapporto tra magistratura e politica ha subito un'evoluzione nel corso degli anni e gli italiani, oggi, sembrano non apprezzare il mescolarsi delle due principali funzioni del nostro ordinamento statale.

L'ICONA
L'immagine che le persone hanno della giustizia in Italia è sempre più lontana dalla rappresentazione iconica della figura femminile bendata, che sorregge, con una mano, la bilancia dai piatti in perfetto equilibrio e, con l'altra mano, impugna la spada per colpire i rei. Al valicare del nuovo secolo, nel 2001, quasi metà degli italiani aveva fiducia nella giustizia. Sedici anni dopo la quota si è rimpicciolita di 13 punti percentuali, scendendo al 34%. Gli unici che conservano un barlume di fiducia nel nostro sistema restano gli elettori del Pd (con il 61% di fiduciosi e il 39% di delusi). Negli altri corpi elettorali, invece, la sfiducia regna sovrana: 85% tra gli elettori della Leganord, 78% tra le fila di Forza Italia e 62% tra i fan dei Cinquestelle (62%).

Un'analoga dinamica la possiamo rintracciare nella relazione tra l'opinione pubblica e i magistrati. Il boom d'immagine e fiducia raccolto negli anni Novanta, sotto la spinta dell'inchiesta di Mani pulite, ha subito un progressivo restringimento, passando dal 49% di fiducia del 2002, all'attuale 37%. La scarsa credibilità delle toghe alberga, innanzitutto, tra gli elettori di Salvini (85%) e Berlusconi (79%) e contagia anche una quota, solida ma ancora minoritaria, di elettori del Pd (40%) e la maggioranza dei pentastellati (55%). Nell'arco di 15 anni, il patrimonio di credito e apprezzamento che la magistratura era riuscita, faticosamente, a costruire sul finire del secolo scorso, si è via via sbiadito.

All'origine di questo processo di sfarinamento ci sono molteplici cause, non da ultimo il conflitto insorto tra politica e magistratura. Uno scontro che ha visto, da un lato, lo svilupparsi degli attacchi ai giudici da parte di segmenti dell'universo politico e, dall'altro lato, il diffondersi della percezione, in vaste quote della popolazione, di una crescente volontà politica nell'agire di alcuni magistrati.

Il risultato è che oggi, solo il 32% delle persone ritiene la magistratura completamente indipendente nel proprio operare. Il 72% degli italiani, invece, ritiene che alcuni magistrati perseguano, con le inchieste, obiettivi meramente politici; il 70% mette all'indice le relazioni troppo strette tra parti della magistratura e i media, denunciando l'eccesso di spettacolarizzazione avvertito intorno ad alcune inchieste. Altrettanto netto è il fastidio che si è insediato, tra gli italiani, di fronte al passaggio (legittimo da un punto di vista normativo e delle regole democratiche) dalla toga allo scranno politico (73%). Oltre i due terzi del Paese avverte la necessità di non confondere i due mestieri e auspica che tra le due carriere permanga un velo d'impermeabilità (il no al passaggio alla politica dei magistrati è condiviso dall'83% dei leghisti, dal 79% dei berlusconiani, dal 73% dei votanti Pd, dal 75% dei pentastellati e dall'83% degli elettori indecisi).

LE RESISTENZE
Se la discesa in campo dei magistrati incontra ampie resistenze, il ritorno alla toga dopo un'esperienza politica apre un ulteriore fronte di avversione (67%). Il fastidio è più o meno uguale tra tutti gli elettorati, siano essi sostenitori di Renzi (70%), Berlusconi (70%), Salvini (71%) o Grillo(74%). Lo sfarinamento dell'immagine della magistratura, va precisato, non è il frutto solo dello scontro tra toghe e politica, ma trova origine anche nella sensazione, diffusa in ampi segmenti della società, che ci siano sempre due pesi e due misure, che il sistema sia forte con i deboli e irresoluto con i forti. La maggioranza del Paese (79%), non a caso, auspica un deciso processo riformatorio del nostro sistema giudiziario e il 39% degli italiani mette la riforma della giustizia tra gli interventi più urgenti.

Il rapporto tra gli italiani e il sistema giudiziario ha subito una costante evoluzione, ma, al fondo dell'opinione pubblica, possiamo riconoscere alcuni leit motiv dominanti: rendere efficiente il modello giudiziario, riportare in equilibrio i famigerati piatti della bilancia, affilare sempre di più la lama dell'iconica spada, evitare, infine, le eccessive confusioni fra il mestiere di chi deve far rispettare le leggi (e giudicare le persone) e quanti devono governare il Paese e i territori.
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