Se la televisione previene il terrorismo

di Paolo Messa
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Giovedì 20 Luglio 2017, 00:13
Scuola e media sono il pilastro di una politica di prevenzione dell’estremismo violento di matrice jihadista. Questo principio, difficilmente confutabile, trova un riscontro finalmente chiaro nel voto con cui la Camera ha approvato la proposta Dambruoso-Manciulli che ha l’obiettivo di contrastare quella radicalizzazione che in altri Paesi europei ha determinato terribili attacchi terroristici. Le recenti sconfitte militari dello Stato Islamico non attenuano infatti i rischi di una minaccia che continua ad essere preoccupante anche per effetto della tecnologia e dei social media. La istituzione di un centro nazionale sulla radicalizzazione con relative sedi regionali di coordinamento, la elaborazione di un piano strategico nazionale e la elaborazione di linee guida sul dialogo interculturale ed interreligioso non sono idee per alimentare una nuova burocrazia. Al contrario, l’efficacia di questi strumenti si misurerà nella capacità di diffondere la cultura del pluralismo senza intaccare la nostra identità ma aumentando al contrario la capacità di prevenire episodi di radicalizzazione e terrorismo.

Mettendo fra parentesi l’adozione di misure specifiche relative alla rieducazione di detenuti ed internati e lo stanziamento, tutt’altro che banale, di fondi in favore delle istituzione scolastiche per promuovere programmi contro l’odio on-line, una indicazione fondamentale riguarda il ruolo dei media. Il legislatore ha immaginato infatti la pianificazione di campagne informative che possano essere quindi veicolate su più mezzi e in più lingue. La partnership con gli editori ed i cosiddetti campioni del web è la naturale condizione per cui tutto questo potrà avvenire. Senza naturalmente dimenticare il ruolo del servizio pubblico.

La legge infatti attribuisce a Rai un ruolo del tutto particolare e centrale. L’azienda, concessionaria del servizio pubblico, dovrà realizzare una specifica piattaforma multimediale per la messa in onda di prodotti informativi e formativi in lingua italiana ed araba. Si tratta di una ambizione davvero enorme eppure necessaria e non in contraddizione con le missioni individuate dalla recente Convezione fra governo e Rai stessa.
Il caso del regime cinese che ha voluto censurare il cartone animato Winnie The Pooh reo di fare ironia sul presidente Xi Jinping, ci ricorda come anche il prodotto apparentemente più innocuo possa avere una valenza politica fortissima, rivoluzionaria per certi versi. Naturalmente, qui il punto non è immaginare una programmazione “etica” ma, al contrario, avere consapevolezza del ruolo dei media (social e tradizionali) nella formazione delle opinioni e dei costumi, soprattutto dei più piccoli. E’ possibile veicolare messaggi di integrazione e di prevenzione alla radicalizzazione e all’estremismo? Il Parlamento offre una risposta positiva, che va incoraggiata. Per il servizio pubblico in particolare vi è la opportunità di ritrovare il senso di una missione che appare oggi ancora più preziosa che in passato.
 
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