Lo sport e le colpe del solito silenzio

di Piero Mei
3 Minuti di Lettura
Martedì 24 Febbraio 2015, 00:23
I teppisti ignoranti venuti dall’Olanda ripartono: non che si volessero affollare le patrie galere. Affollarle, che già sono sovraffollate, con altri sei “birra dipendenti” che tutto sanno dei muscoli di tal Kazim e nulla dell’arte di Gian Lorenzo Bernini, quasi a dar ragione a quell’intellettualismo démodé che separa sport e cultura, dimenticando che la culla di entrambi fu ad Olimpia, gesti da stadio e opere d’arte, Pindaro, Lisippo e Fidia per dire.



Colpisce, però, la rapidità d’attuazione, pure se è un gioco sterile lamentarsi ora della velocità ora della lentezza della giustizia; e verrebbe da chiedersi quale trattamento sarebbe stato riservato ad eventuali teppisti ignoranti di casa nostra, se ce ne sono (ce ne sono, ahimé), qualora avessero preso per discarica una fontana d’arte in quel di Rotterdam, se ce n’è.



Forse c’è una sensibilità inadeguata nella tutela del “nostro petrolio”, come qualcuno chiama la ricchezza d’arte che ci circonda, e negli ultimi giorni le varie autorità competenti (la competenza si riferisce esclusivamente alla responsabilità, non alla conoscenza); forse c’è stata una distrazione generale, provocata da cause più incombenti. Per esempio gli spacciatori abusivi di birra spuntati come i venditori d’ombrelli alla prima goccia di pioggia magari andavano tenuti d’occhio, dato che è usanza, pur se inefficace, la proibizione della vendita di alcolici a ridosso di un grande evento sportivo, ironicamente spesso sponsorizzato da una grande marca di birra. Sono le contraddizioni del nostro millennio.



Subito, però, giacché lo sport è una cassa di risonanza più rumorosa perfino d’un social network, ecco i professionisti politici dello scaricabarile, sport questo sì trasversale e nazionale, esibirsi in dichiarazioni e pseudoiniziative che l’implacabile web massacra con la sua ironia, ma anche a pallone fermo ecco che avanzano le proposte, come quella del sindaco Marino che dopo aver chiesto i danni all’ambasciatore d’Olanda che l’ha respinto (l’ambasciator non porta pena, si sa, specie pecuniaria) ora pensa all’organizzazione di una amichevole fra l’Italia e l’Olanda a Rotterdam, con incasso da devolvere al restauro della sfigurata Barcaccia, che però un critico d’arte del valore di Vittorio Sgarbi sostiene esser stata minimamente danneggiata dai teppisti quanto a graffi, ma piuttosto esser stata come violentata dall’utilizzo a mo’ di discarica.



A parte che dello stadio di Rotterdam si ha un brutto ricordo, quel gol di Wiltord e quel golden gol di Trezeguet quando avevamo quasi vinto l’Europeo del 2000, l’ipotesi è stata subito affiancata dalla Figc che studierà il calendario, ha fatto sapere, magari già leccandosi i baffi per i diritti televisivi che sembrano il principale interesse del pallone italiano.



Per il resto, silenzio. Ma non è il silenzio degli innocenti, è quello dei colpevoli. Perché succede ogni volta che succede (cioè quasi sempre) che si pensa a nuove normative, a pirotecniche iniziative, ma poi tutto rimane nel vago e la via dello stadio è lastricata di buone intenzioni.



Le autorità sportive, Figc e il vigile Coni (la Lega calcio non entra nella fattispecie e poi il presidente non conta niente come ha detto il consigliere Lotito), in questa occasione tacquero. Per la Figc ironicamente sarebbe perfino un gran bel risultato, giacché quando parla fa sconquassi, come ad esempio accaduto sul razzismo: Optì Pobà, banane e compagnia. Ma fa pensare il silenzio sugli ultimi fatti, non di poco conto: sulla crisi del Parma (chi doveva controllare i libri?), sul derby rinviato di Genova (è vero che i teloni non erano stati messi per morosità d’affitto?), sulle squadre piccole da tenere nelle serie minori per non indebolire il bacino d’utenza (Lotito dixit).



E ora su questo disastro d’ordine europeo. È vero che il presidente Tavecchio è inibito dal rappresentarci in sede internazionale e che dunque è assente giustificato. Ma è anche vero che, specie verso una candidatura olimpica di Roma, qualche parola, e soprattutto qualche fatto, sarebbero d’obbligo. E non nelle segrete stanze.