Il problema però resta tutto. Il Cavaliere ha infatti spiegato chiaramente l'idea che sta dietro alla decisione romana: «Noi non siamo la destra. Per quel che valgono queste categorie, Forza Italia è un partito moderato, alternativo alla sinistra e alleato con la destra, come lo sono le forze politiche del Ppe più o meno in tutt'Europa». L'identikit tracciato dal Cavaliere lascia pochi dubbi su collocazione, alleati e leadership e suona come un avvertimento ai «lepenisti» Meloni e Salvini del tipo "scordatevi la guida del centrodestra".
Non stupiscono dunque le reazioni piccate di Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Per il primo, «è chiaro che se Forza Italia va avanti così, non ha un gran futuro». Per la seconda «il centrodestra che conoscevamo non esiste più». E non stupisce nemmeno il rinnovato interesse verso il Berlusconi in versione moderata da parte dei centristi Casini («Berlusconi sta resistendo alla deriva populista») e Schifani («Dal Cavaliere un guizzo di coerenza»). Tutta la guardia berlusconiana, da Renato Brunetta a Annalisa Calabria , scende a difesa del Cavaliere. Ma nel partito la tensione è alta.
La cordata del nord, che ha appunto i suoi campioni in Giovanni Toti e Paolo Romani, ancora non si capacita del no alla Meloni. Ma un ripensamento in favore della leader di Fratelli d'Italia è ormai inimmaginabile, anche se il partito della Meloni potrebbe come ritorsione escludere Forza Italia dalle intese in altre città, rendendola così residuale. Il fatto è che, oltre al «cerchio magico», anche i vertici aziendali dell'impero berlusconiano sono contrari a un'intesa con «Giorgia e Matteo» perche sposterebbe Forza Italia su posizioni «estremiste».
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